La Vestale Di Me Stessa

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   Guardo questo bicchiere di Scotch, o quello che di esso oramai è rimasto, e tento di leggere in esso come si legge nei fondi del caffè… E per una volta non cerco di leggere il futuro, ma il presente, o forse, ipotesi maggiormente considerabile, il passato… Rileggo passi della mia Bibbia, del mio Antico Testamento, e cerco di tradurli in diversa chiave, cerco di usare una lente differente da quella che la mia vita ha rappresentato, il famoso “come sarebbe stata la mia vita se…” si sta impadronendo di me e del mio bicchiere di Schotch agli sgoccioli… La mia vita così come la conosco, è agli sgoccioli anch’essa? Sto tentando di cambiarla, sto facendo di tutto per migliorarla o, almeno, sto arando il mio terreno per la semina di un futuro che soddisfi ciò che voglio? Un futuro rappresentato dai miei sogni, da tutte quelle cose che penso quando cala la notte, un Nuovo Testamento scritto da un evangelista che sono io quando chiudo gli occhi? Ci sarà una Pasqua nuova? Una rinascita dovuta al cambiamento preceduta da un Venerdì oscurato dai temporali del mio tempo, del nostro tempo?!?

Se solo queste parole avessero un effetto catalizzatore e si trasformassero in materia, concretezza, se solo quest’acqua si trasformasse in vino tra le mie mani, in ebbrezza da baccanale, se solo questo baccanale si impossessasse di me, una sera soltanto, per riconquistare l’adrenalina della mia passione da vestale… Una vestale che tiene acceso il suo fuoco a qualunque costo… Una vestale che però non capisce come tenere acceso questo fuoco indossando un virginale peplio bianco…

E toglierlo questo peplio, regalarlo ad un passante e riconquistare così sulla pelle il colore nostro preferito? Il colore dei tuoi cieli, il colore dei tuoi mari, il colore dei tuoi occhi, quelli veri, non quelli visti dall’esterno, quelli che tu sola, vestale della vita vera, conosci…

Fermate la musica, fermate questi cori orgiastici!!! io senza il mio peplio non so dove andare, il mio peplio, è il mio scudo contro gli eserciti invasori, il mio peplio sono io, il mio fuoco può bruciarlo è vero, e ne rimarrei nuda, rimarrei senza la fodera del mio essere, quella che mi ha portata fino a qui… Avrei freddo senza il mio peplio…

La voglia, la necessità, la tentazione di infilare la mano dentro il fuoco sacro, “lo tocco solo una volta, dopo fuggo via”, lo prometto, ma se mi avvicino sento il calore, lo sento forte, vedo tra le fiamme me stessa, o l’altra me, la parte nuda della mia vestale, che mi chiama e che mi attira, ma il fuoco brucia, è caldo e mi fa paura…

Eppure quel calore, non lo senti spesso, e ogni volta ti fa bene e ti fa male, ti scalda le membra e ti brucia gli occhi…

Slaccia quella cinta, sfila il peplio dal tuo stesso capo, sciogli i capelli e getta con quella stessa mano il peplio nel fuoco… Non c’è nulla di più sacro…

Svestitevi, riaccendete il fuoco se spento, ravvivatelo, a qualunque costo, come solo una vestale potrebbe fare…

A voi e a me… A noi… E al nostro fuoco…