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Intervista ai Polar for the Masses - a cura di Bugs!

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Ciao Polar, grazie per aver accettato il nostro invito. Innanzitutto partiamo dal principio. 2003: nascono i Polar For The Masses. Però non nascono da zero. Sono in realtà la mutazione di un gruppo già esistente. Vi va di raccontarci qual'è stato il percorso che ha portato a questa decisione e le motivazioni di questa scelta?

Simone e Davide facevano parte di un gruppo che ha funzionato per anni facendo rock cantato in italiano. A seguito di vari cambi di formazione, nell’ultimo periodo di vita di questo progetto è entrato Jordan, come batterista. Il gruppo era comunque arrivato al capolinea, avevamo voglia di fare qualcosa di nuovo e dopo varie vicissitudini, dalla formazione a 4, con chitarra solista, abbiamo deciso di rimanere in 3 e iniziare un nuovo percorso musicale.

Da 4 si passa a 3 e sparisce la chitarra solista. Cosa cambia a livello di suono nella vostra musica?

Tutto, nel senso che abbiamo cercato di semplificare il progetto sonoro il più possibile per essere più immediati e diretti, senza fronzoli. Volevamo essere essenziali e asciutti, e l’unico modo era... ridurre l’organico! (Siamo comunque in ottimi rapporti con il nostro ex chitarrista e ne approfittiamo x salutarlo....ciao Alex!)

E per quanto riguarda i testi? Cambiano le atmosfere, cambia anche qualcosa parlando di tematiche e di argomenti trattati?

Dopo un periodo di prova iniziale, che ha portato alla registrazione di un EP intitolato "Garage Sessions", in cui cantavamo in italiano, abbiamo deciso di passare all’inglese. E’ stata una scelta importante, perchè siamo tuttora convinti che per il nostro progetto l’inglese sia la lingua più adatta. I temi che trattiamo sono i più svariati ma da sempre cerchiamo di dare uno spessore anche ai pezzi più diretti, senza scadere nell’invettiva fine a se stessa o nel sentimentalismo più banale.

Come e quando ha inizio il vostro rapporto di collaborazione con Black Nutria? Quali sono i vantaggi (e se ce ne sono eventualmente anche gli svantaggi...) di appoggiarsi ad un'etichetta indipendente?

Black Nutria è in sostanza un gruppo di persone con cui condividiamo la passione per la musica. La label è nata assieme a noi, con il nostro primo vero album: Let me be here. Lavorare con una etichetta indipendente significa essere maggiormente coinvolti nel progetto e poter contribuire in prima persona allo sviluppo e alla gestione della propria attività. Logicamente lo svantaggio è la cronica carenza di mezzi (soldi, tanto per essere chiari) ma visti i tempi credo che anche avere un contratto con una major non sia poi così tanto vantaggioso!

Nel 2004 con "Garage Sessions" e soprattutto nel 2007 con "Let Me Be Here", il primo album vero e proprio, la stampa e i siti di settore si accorgono di voi. Tante recensioni tutte molto positive, e tanti riconoscimenti importanti, come l'essere selezionati da Rock tv per partecipare alla serata finale del Jack Daniel's Live Tour. Immagino che abbiate un buon rapporto con i media...


Sì, siamo stati fortunati e credo comunque che la benevolenza dimostrata dagli addetti ai lavori sia anche dovuta alla bontà del progetto. Al di la del rapporto umano che viene ad instaurarsi, la cosa fondamentale è avere qualcosa da dire, avere un progetto valido, che stia in piedi, altrimenti credo che anche insistendo nessuna rivista, radio, sito o tv ci avrebbe mai dato spazio.

L'impressione che noi ci siamo fatti parlando anche con altri artisti, è che in Italia gli spazi dedicati al mercato indipendente siano un po' pochi. Le radio, così come la stampa di settore, anche se naturalmente ci sono delle eccezioni, sembrano tutte un po' troppo standardizzate. Solita musica, soliti artisti. Da quello che ci dicono all'estero la situazione sembra essere un filo migliore. Vi siete fatti un'idea sulla questione? Concordate con questa visione? Avete idea di quali possano essere i motivi di questa situazione?


Il problema, a nostro parere, è che il mercato indipendente italiano è quasi inesistente. La vendita di dischi è bassissima, quindi gli spazi dedicati a questa nicchia sono pochissimi. Per contro, invece, quella indie è una scena molto influente e viva, sopratutto per quanto riguarda i concerti. La scena estera è diversa, forse perchè c’è più curiosità e voglia continua di novità, mentre da noi c’è una certa pigrizia. Abbiamo comunque notato una certa fame di musica, suonando in giro per l’Italia, che ci rende ottimisti. Ai nostri concerti vendiamo sempre un bel po’ di dischi, quindi significa che c’è ancora qualcuno che ha voglia di scoprire cosa c’è di nuovo nell’aria.

Penso che il live sia un momento fondamentale per ogni musicista. In tanti dicono che, nonostante i buonissimi riscontri ottenuti dai grandi artisti nazionali e internazionali, anche il settore musica dal vivo a livello di club e locali medio piccoli stia attraversando un momento di crisi. Molti posti stanno chiudendo o sono in difficoltà, e molte volte i gestori preferiscono ingaggiare gruppi che ad esempio suonano cover perchè gli danno maggiori garanzie a livello di presenza di pubblico. Voi avete fatto e avete in programma parecchi live, quindi penso che il problema non vi tocchi più di tanto. Ma vi è capitato di avvertire in qualche modo il problema? Secondo voi ci sono spazi sufficienti e adeguati che permettano anche alle giovani realtà di mettersi in evidenza e farsi conoscere?

Purtroppo chi gestisce un locale deve fare i conti con le entrate e le uscite e quando c’è crisi, c’è crisi per tutti. Poi, con la discografia alla frutta, i gestori e i promoter locali non sanno più quali siano gli artisti che possano garantire un riscontro di pubblico, perchè non possono più basarsi sui dati di vendita del mercati discografico per stabilire se un’artista possa avere o meno delle chance per attrarre pubblico. Gli spazi sono quello che sono e mi sembra che ci sia più gente che suona, rispetto alla gente che ascolta... ma che ci vuoi fare, le band devono sbattersi e sudarsi le chance per esprimersi dal vivo. E’ sempre stato così. Comunque in Italia non possiamo lamentarci più di tanto: nel Regno Unito devi pagare una cauzione al locale, se vuoi suonare. Se la serata va bene, ti rendono la cauzione più una parte del guadagno, altrimenti...

Il vostro singolo è scaricabile gratuitamente dalla rete. Come vedete la questione internet? Strumento indispensabile, comodo e veloce per raggiungere il proprio pubblico e promuovere la propria musica, o piaga che porterà alla rovina degli artisti e del mercato discografico?

Internet ha molti pro e contro, lo sappiamo tutti. Per fare autopromozione è eccezionale ma pensiamo che aiuterà la fine definitiva del mercato discografico. Non siamo comunque pessimisti, nel senso che i musicisti torneranno a guadagnarsi la pagnotta facendo il loro lavoro, che è quello di suonare in giro. I dischi serviranno solo a promuovere i tour.

Abbiamo divagato un po'. Torniamo un po' più sul concreto. E' uscito da poco "Blended", il vostro secondo album. Come sta andando? Volete spendere qualche parola su questa vostra ultima fatica?


Blended è un gran bel disco (he he) ma non lo diciamo noi: lo dicono tutti coloro che lo hanno ascoltato, dagli addetti ai lavori ai ragazzi che lasciano i post sul nostro Myspace e che vengono ai nostri concerti. Siamo stati fortunati: è un concentrato di canzoni ben riuscite e ben registrate, grazie a David Lenci e al lavoro di mastering fatto da Bob Weston e Jason Ward a Chicago. Siamo quasi sorpresi per l’ottima accoglienza che sta avendo!

Affinità e differenze col predecessore "Let Me Be Here"?

“Let me be here” era forse più sperimentale, ma proprio per questo era più vago... un bel disco ma forse troppo sfaccettato, tanto da risultare un po’ spiazzante. “Blended” risente positivamente di una gestazione più breve, i brani sono più incisivi ed in generale risulta essere un lavoro più compatto, omogeneo, pur avendo brani con caratteristiche ben diverse l’uno dall’altro. Forse, rispetto al predecessore, la “messa a fuoco” è venuta un po’ meglio.

Come lavorate sui pezzi? C'è qualcuno che compone o è un lavoro di squadra? Raccontateci come nasce la vostra musica.

Per avere il nostro marchio di fabbrica tutti i brani devono essere elaborati da noi 3 assieme. E’ la somma 1+1+1=10. Di solito, comunque, ci chiudiamo in sala prove a pasticciare, registriamo tutto e poi sviluppiamo i frammenti che ci sembrano buoni fino a farli diventare delle canzoni. Si parte con la pancia, con l’emozione, e poi subentra la testa, il mestiere, per sviluppare il tutto. Forse non sembra, ma per fare pezzi semplici c’è bisogno di molta composizione, più che per fare pezzi complicati!

C'è un'artista o un gruppo che per voi è stato particolarmente importante per la vostra crescita musicale e artistica? Nelle varie recensioni che ho letto vi hanno accostato ad un sacco di vari gruppi. C'è qualcuno a cui vi sentite più vicini?

Noi 3 abbiamo background e ascolti molto diversi, quindi non c’è un artista particolare che risulti essere fondamentale per tutti... a parte i Beatles, credo. Ci diverte leggere le recensioni per scoprire a quali band veniamo paragonati: abbiamo allargato i nostri orizzonti scoprendo un sacco di artisti che non avevamo mai ascoltato! Di tutti, troviamo il paragone coi Placebo, che forse è l’unico che ricorre più spesso, il più divertente in assoluto... pensa che Davide (il bassista) è convinto invece che la nostra musica ricordi i Depeche Mode... (non ditegli che magari si sbaglia...è permaloso)

C'è qualche gruppo che vi piace particolarmente e seguite con interesse al momento? Qualche artista o qualche band che, oltre ai Polar, vi sentite di consigliare ai vostri estimatori?

Boh, siamo onnivori e consigliamo di ascoltare tutto quello che c’è in giro. Tanto per fare nomi, a Jordan ultimamente piacciono i Pavement , Davide ha riscoperto i Deus e Simone... ascolta il liscio ma non disdegna i Motorhead!

Ci sono un sacco di giovani artisti che ci leggono. Band che si chiudono ore ed ore a suonare nei garage o nelle cantine e sperano in qualcosa di interessante per il futuro. C'è un consiglio che vi sentite di dare ai giovani musicisti che tentano di buttarsi per la prima volta nel mondo della musica?

Sì, buttatevi nel mondo della musica solo se avete un paracadute! Nel senso che è facile farsi delle illusioni e, sopratutto adesso, non ci sono certezze e c’è tanta gente che come al solito se ne approfitta. Se qualcuno vi chiede soldi per fare qualcosa, dubitate. Di solito c’è la fregatura dietro l’angolo. E cercate comunque di divertirvi, sennò cosa suonate a fare?

Progetti a breve e lungo termine?

Suonare! Dal vivo, fino all’inizio dell’anno prossimo e poi in studio, parallelamente all’attività live, per iniziare a imbastire il successore di Blended, se alla Black Nutria ci vorranno ancora! Hehehehe

Grazie mille per il tempo che ci avete dedicato e in bocca al lupo per tutto!

Crepi il lupo, poveraccio, e grazie a voi x l’ospitalità!
 

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