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Intervista ai Freve da Samba

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Ciao Daniele, grazie per averci rilasciato questa intervista in esclusiva,cominciamo con le domande:
Dalla vostra biografia si legge come il progetto sia nato in una maniera un po’ particolare. La musica era semplicemente vissuta come un momento di svago e soprattutto di aggregazione. Vuoi raccontarci qualcosa degli inizi?


L’idea di mescolare la musica brasiliana a quella veneziana ed in particolar modo al dialetto della mia Terra, risale all’incirca il 2000 dall’estro non solo mio, ma in congiunzione a quello di un mio grandissimo amico: Paulinho Catran, originario di Rio de Janeiro. Già dall’età di 18 anni, mi ritrovavo spesso durante l’estate, a suonare in Piazza S.Marco di notte, in un’atmosfera surreale, fu proprio l’incontro con Paulinho a farmi maturare gli studi della musica brasiliana, in un modo particolarmente rilassante e suonando la musica sud-americana nelle sue più differenti versioni. Incontrarsi ad improvvisare era magico, specialmente in una delle piazze più belle d’Italia ed in modo così unico, libero, molto simile all’improvvisazione in stile Jazz, ma non esattamente allo stesso modo, finché non arrivò l’esigenza di metterci del proprio. Trovarsi con PASSIONE a fare musica, non era più sufficiente, così dall’incontro con Claudio, tramite un altro gruppo conosciuto in una delle mie precedenti date come musicista, è partito il progetto di questo stile che definirei “Fusion”. Nella musica non è poi così tanto difficile trovare collaborazioni, che nel mio caso oltre che la passione, è stato tutto semplificato dall’idea di utilizzare un linguaggio musicale nuovo. Così ci siamo detti: “perché non lo facciamo?!?”. Per quanto riguarda la musica di aggregazione/insieme, questa non può avvenire se non grazie all’azione del pubblico, musica d’insieme è la musica brasiliana, in qualche modo speciale, con una particolare energia di aggregazione che si può denominare “Samba”, il “mix” con gli spettatori era un sogno… similmente legato alle tradizioni di questa musica, unica e magica nata tra le persone più povere.

Come e quando è maturata la decisione di mettersi a fare musica in maniera più seria?

Di natura mia ho sempre sognato di fare musica da quando ho cominciato a suonare. All’età di 8 anni ho cominciato a suonare la tastiera presente in casa per via dei miei genitori anch’essi musicisti. Poi 12 anni, mi sentivo più stimolato ed attratto dalla chitarra, imparandola a suonare semplicemente da auto-didatta. Mi piace scrivere le canzoni ed il mio più grande sogno è quello di diventare un cantautore. Con gli amici non c’era la stessa sintonia che ho trovato con Claudio, il percussionista del gruppo e nella musica capita raramente di avere delle ottime sintonie. Fare musica non vuol dire solamente essere seri, fare prove e registrare, fu così che nell’estate del 2004 è nato il progetto di “Samburihna”.

Come mai questa passione molto spiccata per la musica e la cultura brasiliana? Da cosa è nata? Per quale motivo vi indicate di “adozione” brasiliana?

E’ una passione che mi ha sempre colpito. Sono molto appassionato anche dei cantautori italiani anni ’70, Concato ad esempio, ha molte influenze brasiliane; inoltre sentivo in me la naturalità dei pezzi. Il primo Cd di musica sud-americana che ho comprato fu di Toquinho, ed allora avevo 16 anni, il tutto poi fu profuso anche per dei miei motivi personali. Un anno dopo la musica diventò il mio lavoro, al quale fece seguito un stage in Brasile, è molto importante infatti dal mio punto di vista suonare con gli altri e specialmente laddove la musica che piace ha origine. Venezia, ci definiamo di adozione brasiliana per diversi motivi: per quanto mi riguarda mi sono sentito “chiamato” da questa musica, ed inoltre la mia ex fidanzata che attualmente è una delle mie migliori amiche, è brasiliana, mentre Claudio è sposato con una ragazza brasiliana incontrate durante le nostre “passeggiate”.

Ma allo stesso tempo non si può non notare un grande attaccamento a quella che è la vostra Terra ed il vostro dialetto. Non è una scelta facile quella di cantare in dialetto, in pochi sono riusciti a farcela? Come mai questa decisione?

Il dialetto ci sembrava la miglior idea per mettere del nostro al progetto. Andare in Brasile per continuare ad aggiornarsi è stato fondamentale, così come è importante ricordare dove si è nati. Senza pensare poi più di molto, abbiamo deciso, fatto ciò che sentivamo arrivare da dentro, sentendo questa tipologia di musica nostra! Dopo varie prove, abbiamo visto inoltre che il dialetto veneziano raccoglieva la musicalità rispetto l’italiano, in modo meno calzante.

Il vostro genere “Fusion” è molto particolare: come lo ha accolto il pubblico? Ha risposto bene?

Il pubblico… gli affezionati sono stati ENTUSIASTI, le critiche da parte dei giornalisti, a partire dalla musica fino al progetto completo, sono state positive e i testi, anche nell’ascolto, sembra che piacciano secondo il mio punto di vista. A Treviso, il nostro riscontro è stato positivo e confermato proprio grazie ad alcuni passaggi radiofonici trasmessi da “Radio Fortuna”.

Quale è stato invece il vostro successo nell’ambito del vostro progetto di scambio culturale?

Devo chiarire che il mio miglioramento tecnico è dipeso molto dalla mia voglia di aggiornarmi con l’ausilio di Cd recapitatomi dal Brasile, contenenti musica che non mi sarebbe stato possibile reperire in Italia, continuando così il mio processo di preparazione alla musica brasiliana, respirandone anche in questo modo il suo clima particolare, unico! Il nostro progetto di scambio culturale ha avuto grandi conferme, soprattutto nel Brasile stesso, dove è presente una moltitudine di emigrati veneti, in modo particolare nelle città a nord di Rio de Janeiro, nella regione Espirito Santo si trova addirittura una città dal nome Nuova Venezia.

Nel vostro disco suona un sacco di gente con voi ed immagino che ognuno porti un bagaglio musicale e di esperienze molto diverse. E’ stato facile tenere insieme un gruppo di artisti così vasto?

Non posso che ringraziare questo meraviglioso gruppo di persone che amano la musica e dotate di un grande senso musicale, con le quali è stato molto bello ed intenso collaborare! Ognuna di esse comunque ha sempre suonato musica brasiliana. Il piacere più grande è quello di suonare con un amico, un piacere immenso, più di quello che può essere regalato dalla notorietà di un personaggio famoso. Ho curato solo gli arrangiamenti, lasciando libera la libertà d’espressione, lasciando sfruttare le doti personali di chi ha collaborato con me e parte di questi sostegni sono stati anche in parte dei semplici scambi di favore.

E’ possibile a questi livelli vivere di sola musica? Siete solo musicisti o fate anche altro nella vita?

Vivere di sola musica a questi livelli è molto, molto difficile… bisognerebbe fare molte serate in un mese, impossibile se non si conoscono abbastanza live club o piano bar, inoltre bisogna essere davvero in gamba e darsi molto da fare. Nella vita di tutti i giorni faccio le serenate in gondola con la chitarra, mentre Claudio lavora come dispensiere in un noto albergo di Venezia. A livello musicale, si lavora meglio in due, portiamo avanti le idee con la stessa linea, in un modo più sicuro, ma in due c’è di sicuro anche un maggiore impegno economico, che comunque in tal modo ne fa scaturire una gestione più semplice.

Una cosa l’abbiamo già chiesta ad altri musicisti di Venezia: come fare musica in una città così particolare? Ci sono gli spazi per fare musica?

In modo secco potrei rispondere ad entrambe le domande dicendo NO! Non ci sono gli spazi necessari, i musicisti veneziani si spostano continuamente nelle città come: Treviso, Padova, Mestre… I permessi dei locali dedicati alla musica dal vivo sono molto difficili da ottenere, inoltre la gestione economica da parte dei gestori è importante. Fondamentalmente manca la voglia da parte di quest’ultimi, incoraggiati dal lamento continuo dei veneziani contro la musica. Per noi crearsi un pubblico od un seguito di persone, in queste condizioni diventa difficile da creare, visti i nostri continui spostamenti in “terra ferma”. Bisognerebbe sfruttare di più le capacità collettive. Nel ‘700 Venezia, era la capitale della musica, oggi invece sono rari e capitano ogni tanto gli eventi “live”… i gestori sono più attratti dai rendimenti che dalla musica! Il tutto è aggravato da una situazione interna alla città, nella quale manca una cultura musicale di base, molte volte penso sia meglio compare un DVD, stare a casa e guardare un gruppo che piace!

Il vostro cd è auto-prodotto. Qual’ è il vostro rapporto con le case discografiche? In che modo posso aiutare la radio e le nuove tecnologie?

Una prerogativa dell’auto-produzione è che non porta ad una collaborazione con le case discografiche. I produttori di oggi hanno la mentalità esclusivamente commerciale. La musica si sta distruggendo grazie agli stessi produttori e con la non educazione musicale della gente. La musica giapponese ad esempio è sicuramente meno commerciale delle altre, probabilmente in pochi sanno di cosa si tratti, è senz’altro una musica che va capita e alla quale bisogna abituarsi, non di certo si tratta di una musica di facile ascolto al primo colpo. Oggi viene sempre più a mancare lo “sforzo di adattamento”, la musica secondo molti, deve essere solo diretta e commerciale. Le case discografiche, poi non permettono una certa libertà musicale, ma ne uccidono le idee. Con le radio il rapporto è difficile, ma non impossibile, in questi ultimi anni è molto meglio rispetto qualche anno fa, bisogna avere il coraggio di buttarsi in certe situazioni. Le nuove tecnologie, l’uso di internet congiunto a MySpace, permettono anche se alla cieca, di trovare nuovi fans o collaborazioni musicali importanti sotto ogni aspetto.

E’ uscito da poche settimane un cd particolare, “Banana Milanesa”, di un gruppo brasiliano chiamato “Selton”, che rileggono a modo loro pezzi classici che derivano dal cabaret milanese, come quelli di Cochi e Reato o Enzo Jannacci. Cosa ne pensi di questo lavoro?

Sinceramente non avevo ancora sentito parlare di questi ragazzi, mi informerò al più presto facendoti sapere quello che penso su di loro, molte volte i miei impegni lavorativi mi tengo lontano dalle novità e non sempre ho modo di utilizzare il computer per tenermi aggiornato od informato.

Quali sono i vostri obiettivi e le vostre aspettative per il futuro?

Sicuramente entrambi, io e Claudio abbiamo le idee chiare a riguardo: continuare con il nostro progetto musicale. Sarebbe bello riuscire organizzare qualche concerto in più, provare qualcosa di nuovo anche se più rischioso, d’altra parte il riscontro con il pubblico è sempre stato positivo, ci ha sempre ripagato dandoci l’energia giusta per caricarci ed andare avanti!

Hai la possibilità di lanciare un messaggio al pubblico che non ti conosce ancora, ma che puoi raggiungere da queste pagine. Cosa vorresti dirgli?

Si potrebbero dire tante cose, ma vorrei dedicare un messaggio a tutti i musicisti alle prime armi: continuate a fare la musica che avete nel cuore, non fatevi influenzare dai produttori, la gente deve abituarsi alla vostra musica e non vice-versa, altrimenti non potrete mai continuare ed andare avanti. Ovviamente un ringraziamento particolare è per Andergr@und Mag@zine che mi ha dato l’opportunità di questa piacevole intervista!

 

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