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Pig-Tails

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E' uscito da poche settimane "So What?", il nuovo album dei Pig-Tails, il disco della svolta. Una bella intervista in cui il duo ci parla di questo cambio di rotta,  della sua ultima fatica e di molto altro

I Pig-Tails nascono nel 2001 a Mantova appena 17 enni. Inizialmente Trio dedito al Punk Rock Californiano svelano ben presto un’anima Rock ‘n’ Roll che li porta a spingersi sempre più frequentemente in episodi veloci, crudi e schizoidi al punto giusto, portandoli in giro per Italia ed Europa in circa 400 concerti.
La vera svolta arriva nel 2010, anno in cui i PIG-TAILS diventano un duo Batteria-Chitarra/voce. I due anni di silenzio e gestazione che li vedono rinchiusi nella loro saletta 3x2 danno i frutti sperati e il duo mantovano sfoggia un disco, “So What?”, il quarto in carriera (That’s all Punk Split 2003 | Teenage Apocalypse 2005 | Brainwash “2007) che lascia senza fiato.
I Pig-tails scelgono di eliminare completamente il basso dalle proprie sonorità e compongono dei pezzi perfetti facendo affidamento solo sulle proprie forze ed idee. Il risultato sono dei brani essenziali e ricchi, supportati da una batteria picchiata all’inverosimile che piange ad ogni colpo infertole, una chitarra poliedrica che si prende tutto lo spazio libero che può trovare tra le frequenze distorte senza ritegno e le melodie malinconiche tipiche del duo, ed una voce che esprime con coerenza e trasporto tutto ciò che i PIG-TAILS vogliono comunicare.
Ogni pezzo sembra dire: “Siamo in due, si, in minoranza numerica, si, e quindi?? ”
Abbiamo chiesto loro di parlarci un po' di "So What?", la loro ultima fatica, e di molto altro. Da non perdere!

 

 

Ciao ragazzi, benvenuti su andergraund. Vi va di presentarvi velocemente ai nostri lettori? Raccontateci a grandi linee le tappe principali del percorso dei Pig-Tails, dalla nascita del progetto fino ai giorni nostri.

Diego: Ciao! Abbiamo 29 anni, esistiamo da 12 come Pig-Tails. Siamo nati nel lontano 2001 come trio e tali siamo stati fino a due anni fa, momento nel quale per noi come band si è aperta un'importante fase di rinnovamento nella quale abbiamo optato per portare avanti il progetto come duo chitarra/batteria. All'attivo abbiamo tre full length ed un EP, più svariate comparsate in compilation. L'ultimo disco, appena uscito è appunto “So What?” del quale trovate su Youtube il primo video del singolo “Spit Fire”.

Ho letto sulla vostra scheda che nel corso degli anni avete accumulato un sacco di date dal vivo. Quasi 400! Quant’è importante il momento del live e del contatto diretto col pubblico per crescere come band?

Diego: Abbiamo sempre considerato il “live” come principale strumento di espressione per la band, nel senso che ci piace pensare che i dischi siano semplicemente strumenti utili a portare un ascoltatore a voler vedere il gruppo dal vivo. È lì che davvero si compie il senso del tutto... “guarda come suono, come sbaglio, come mi impegno, come sono fatto, come sudo, ecc...”. La vera emozione, soprattutto per chi suona credo, sta tutta sul palco. Si cresce come band perché vedi le reazioni delle persone ai tuoi pezzi. È fondamentale... Noi abbiamo suonato davvero dappertutto e continueremo a farlo.

Ho letto che avete suonato parecchio sia in Italia che all’estero. Qual è lo stato di salute della musica dal vivo nel nostro paese in generale? Ci sono abbastanza spazi e occasioni per proporre la propria musica? E dovendo fare un paragone con gli altri paesi in cui vi siete esibiti?

Diego: facendo un paragone col passato direi che nonostante un paio di anni di buio da poco trascorsi ancora oggi ci sono tante realtà in cui poter suonare (festival, piccoli club). Non è semplice poter organizzare tour come quelli di una decina di anni fa, però in un certo senso questa situazione è uno stimolo a darsi da fare in prima persona per organizzare e cercare di creare una propria rete di contatti con cui scambiare live e relazioni. Noi ci siamo dati da fare co-fondando un'agenzia di booking con la quale lavoriamo in prima persona, cioè “il Mangianastri Concerti” (www.ilmangianastri.it) nella quale stiamo mettendo il nostro impegno e la nostra esperienza a sostegno di noi stessi e delle altre band del roster. Una specie di agenzia “open source” come ne stanno nascendo tante in Italia. Questo ci fa sperare per un futuro ancora più ricco di opportunità. All'estero più e meno funziona allo stesso modo, con la differenza che forse tra gruppi ci è sembrato ci sia un maggiore spirito di collaborazione.

E per quanto riguarda il pubblico invece, avete notato differenze tra quello italiano e quello degli altri posti in cui vi siete esibiti? C’è chi sostiene che all’estero la gente sia un po’ più predisposta verso il nuovo…

Diego: mah.. certo è che potremmo parlare di questo per ore senza arrivare ad una conclusione reale. Di fatto il pubblico italiano è meraviglioso se si appassiona veramente ad una band. Però allo stesso tempo è anche esigente, ed in un certo senso ha ragione... I gruppi hanno il dovere morale di proporre cose originali. L'omologazione è inutile e ne sentiamo fin troppa ovunque. Noi pensiamo che l'obiettivo principale del settore indipendente sia la ricerca costante di qualcosa di diverso. Ma non al punto di diventare a tutti i costi boriosamente incomprensibili, ma semplicemente “freschi e utili alla musica”. Quando ci dicono “mi ricordate x” io mi rattristo. Preferisco sentirmi dire “non mi piace ma vi apprezzo perché siete originali”... All'estero il pubblico ti concede qualcosa di più... ti perdona sempre ed è meno a caccia della performance strabiliante. Cerca di vivere il concerto in modo più disteso e rilassato. Qua suonare è quasi sempre come avere davanti una giuria competente. Non è semplice...

Nel corso degli anni avete condiviso il palco con un sacco di band e artisti interessanti, per lo più appartenenti alla scena indipendente. C’è qualche incontro che ricordate con particolare piacere?

Diego: ah ce ne ricordiamo molti in realtà. In particolare sicuramente il live con i Peter Punk Speedrock... Che gruppo... Gente che ha da insegnare davvero a chiunque. Una mentalità splendida fatta di duro lavoro, umiltà e picchiare fortissimo sugli strumenti, sempre in tour. Loro per noi sono idoli assoluti.

Cosa ne pensate della scena indipendente italiana? Ultimamente ho notato parecchio fermento. E’ un effetto della diffusione dei social network, che hanno moltiplicato all'ennesima potenza le possibilità di crearsi una vetrina, fatto di per sé positivissimo, ma col il rischio di avere tanto fumo e poco arrosto, oppure è effettivamente un buon momento per la scena underground?

Diego: nella tua domanda hai espresso i pro e i contro di questa baraccata dell'advertising indipendente del quale tutti ci stiamo avvalendo. L'unica cosa che posso aggiungere è che il re indiscusso di tutto questo fumoso mondo è sempre chi ascolta. Nel senso che il pubblico ha ancora la facoltà di non cagarti all'occorrenza. Quindi se un gruppo non merita, difficilmente avrà. Possiamo non condividere le mode del momento, ma la moda la crea la gente. Io non credo che sia il marketing ad indirizzare i gusti nelle nicchie, perché adesso il rock è comunque una nicchia. Dei gruppi “Indie” che girano me ne piacciono pochissimi, ma anche tra quelli che non amo particolarmente c'è gente che si sbatte e ottiene riscontro, quindi perché no... è comunque musica scelta dalle persone, scaricata e cantata... Va bene... meglio musica che non musica no?! Noi facciamo il nostro e vediamo cosa succede...

Quali sono gli artisti e i gruppi che sono stati importanti per la vostra crescita musicale e personale?

Diego: io e Alessandro abbiamo ascolti molto ampi. Di base ci piace quello che spinge e che ha tanta anima dentro. Tra i vecchi amiamo entrambi gli Who in modo totale se proprio devo dire un nome che ci mette d'accordo... poi i Ramones.... I Cramps, i primi Damned, personalmente i Clash sono grande fonte di ispirazione sulle strutture e i temi dei testi. Ale è un super esperto dei 60's, del beat... Ha anche una lambretta fighissima...

Veniamo al dunque e parliamo un po’ di “So What?”, il vostro ultimo album. Il cambio di line up e la decisione di fare a meno del basso ha radicalmente modificato il vostro sound. Che direzione ha preso la vostra musica e che differenze ci sono rispetto ai precedenti dischi?

Alessandro: di fatto abbiamo cercato di dare vita ad un sound nuovo nel quale trovare la sonorità punk abbinata a strutture più contorte, crude, con dei toni che riflettono a tratti la cattiveria minimale dei nostri giorni. Queste componenti mescolate, dal vivo ci permettono di rappresentare un sound R'n'R istintivo ma più maturo rispetto al passato.

Come mai questo brusco cambio di direzione? Come e quando è maturata la decisione di dare una svolta alla vostro progetto?

Alessandro: suoniamo da tanti anni e non sempre si può vedere al futuro con gli stessi occhi, soprattutto dopo esser cresciuti parecchio. Da grandi arrivano momenti anche per questo tipo di scelte e serve coraggio. Nel nostro piccolo l'abbiamo avuto.

“So What?” è un disco importante e ha avuto una lunga gestazione. Cosa rappresenta per voi? Quanto siete soddisfatti del risultato? E il pubblico come ha accolto questo cambio di rotta? Avete già registrato le prime reazioni?

Diego: per noi è una vera rinascita. È ricominciare da zero a tutti gli effetti. Siamo chiaramente felicissimi del risultato, soprattutto perché è stato frutto del lavoro con persone che abbiamo ritrovato dopo tanti anni e che hanno fatto parte di tutta la nostra prima parte di carriera. Registrare all'Indiebox Music hall è stato come tornare a casa in un certo senso. I primi feedback sono molto positivi. In generale vengono apprezzati i pezzi soprattutto perché è sempre presente una componente melodica accessibile. Non siamo troppo criptici. Ci ha sempre contraddistinti una sorta di ingenua schiettezza di fondo che per chi ci segue è piacevole da ritrovare ogni volta. Fa parte di noi.

Come avete lavorato nel corso di questi due anni? Come sono nati i pezzi presenti nel disco, dall’idea iniziale fino alla versione definitiva?

Diego: il nostro metodo è davvero il più semplice... Io dico “senti questo giretto” e Ale dice “ah ok, provo a a fare questo tempo” e io “si ma vai piano” e lui “si ma non siamo i Coldplay della bassa padana, cantala non far finta...” e poi dopo 15 minuti di attriti e discussioni esce una canzone delle nostre. Semplicemente così...

L’album è un lungo invito all’azione. Uno sprone a rimboccarsi le maniche per cambiare le cose. Un urlo contro l’immobilismo, un inno a favore della creatività e della forza delle idee. Un messaggio quanto mai importante, specialmente nel periodo storico in cui ci troviamo. Ce ne volete parlare?

Alessandro: esatto! Noi da sempre, chi ci conosce lo sa, siamo in prima fila per organizzare manifestazioni, concerti, eventi, fiere... È il nostro lavoro, la nostra passione, ed è nato tutto dal fatto che da tanti anni suoniamo in questo gruppo, che è poi la nostra scuola di vita. L'azione è alla base di tutto... “Fai e non lamentarti, se non basta fai ancora di più”. Non abbiamo mai avuto nemmeno nell'anticamera del cervello di mollare di un centimetro perché la passione che sentiamo verso questo mondo è forte più di ogni altra cosa.

Avete in programma un tour per promuovere il disco? Come possono rimanere sempre aggiornati i nostri lettori sulle vostre date?

Diego: si già abbiamo un po' di date fissate, comunque dalla pagina www.facebook.com/pigtailsmusic potete seguire tutto di noi, comprese le fotine su instagram. Siamo avanti!

Altri programmi a breve e lungo termine?

Diego: Suonare tantissimo. Anzi, usiamo questo spazio per dire che se qualcuno volesse una band per i battestimi e gli addi al nubilato non deve esitare a contattarci.

Ragazzi, abbiamo finito. Grazie mille del tempo che ci avete dedicato e in bocca al lupo per tutto!

Grazie a voi ed un saluto a tutti i lettori!

 

 

Pig-Tails sul web:

 

www.pigtails.it
www.facebook.com/pigtails.live?fref=ts
twitter.com/pig_tails
soundcloud.com/pigtailsmusic
“SO WHAT?” È ACQUISTABILE SU ITUNES AL SEGUENTE LINK: itunes.apple.com/it/album/so-what/id659730241

 

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