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Intervista ***Versione italiana***

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Ciao Joe, eccoci qui con le domande per la nostra intervista:

Joe, tu sei uno dei pochi slider in circolazione, almeno tra quelli noti quì in Italia. Suoni questo genere fin dall’inizio della tua carriera o in origine facevi altra musica? Quando e come hai cominciato a suonare? Hai ereditato la tua passione da qualcuno?

Ho iniziato a dedicarmi alla chitarra all’età di 12 anni. Ho cominciato con la chitarra classica. Verso i 14 anni ho comprato la prima solid-body e fino all’età di circa 20 anni mi sono dedicato principalmente alla chitarra elettrica prendendo anche lezioni di chitarra Jazz. Parallelamente la tecnica slide mi ha sempre affascinato… Inizialmente ero rimasto particolarmente colpito dalle musiche di Ray Cooder nel film Paris Texas. Col tempo è diventata la tecnica che meglio mi permetteva di esprimermi sulla chitarra. Oggi non mi piace abbinare la tecnica che uso ad uno stile in particolare, per esempio il blues. Non ascolto chitarristi slide solo perché questa è la tecnica che uso io. Anzi ascolto musica spesso lontana da ciò che faccio e lascio che mi influenzi in modo creativo.
Ho sicuramente ereditato la mia passione dai miei genitori…O meglio mi sono appassionato alla musica perché in casa avevo a portata di mano dischi di Dylan, Hendrix, Pete Seger e molti altri che mi hanno permesso di avvicinarmi ad una musica carica di vita e di passione.
Erano dischi che i miei genitori ascoltavano da giovani e che io, dopo averli copiati su cassetta me li portavo anche a scuola nel walkman. Dai 6 anni era questa la musica che ascoltavo, Dylan soprattutto. Il suono della musica americana mi è “entrato dentro” fin da bambino. Forse per questo motivo sono arrivato a dedicarmi alla tecnica slide… Quale altro suono ricorda, meglio dello slide, l’America e la sua musica?

Tornando allo slide, bisogna riconoscere che sicuramente non è tra le tecniche più diffuse e conosciute in Europa. A chi ti ispiri e come hai conosciuto questo genere, forse ancora un po’ di nicchia dalle nostre parti?

I dischi in generale, anche quelli più commerciali di musica pop, sono pieni di chitarra slide, ma spesso non viene messa in evidenza perché è solo un “colore aggiunto” che nell’insieme non spicca particolarmente. A me capita di ascoltare un brano e in un qualche modo venire catturato da alcune note che, andando a riascoltare, mi accorgo essere suonate con lo slide… Come detto prima, musiche come Paris Texas o “l’intro” del brano di Springsteen “Spare Parts”, mi hanno colpito ancora prima che io sapessi cosa fosse lo slide e magari anche la chitarra…
Ritengo inoltre che dalle nostre parti rimarrà sempre un genere di nicchia, proprio perché legato alla storia musicale di un altro paese. Tornando alla tua domanda posso comunque dire che i chitarristi slide che ho ascoltato maggiormente sono Johnny Winter, Muddy Waters, Elmore James e della nuova generazione Eric Sardinas.

Nonostante quanto detto, possiamo affermare che nel corso della tua carriera sei riuscito a crearti un discreto seguito di appassionati. Come sono distribuiti nel territorio i tuoi estimatori? Come mai un’affinità così stretta col pubblico italiano nonostante tu sia svizzero?

Ho cominciato suonando nella Svizzera-Italiana (Ticino), dove sono nato e cresciuto. In seguito mi sono allargato verso la Svizzera-Francese e Tedesca anche grazie alla collaborazione con il cantante Eric St. Michaels. Per un certo periodo la mia band era formata da musicisti di Milano e anche grazie alla collaborazione con Joe Valeriano ho cominciato a spostarmi nel Nord-Italia. Inoltre Milano è solo ad un ora e mezza da dove vivo. Malgrado il confine, l’Italia é più vicina rispetto alla Svizzera-Tedesca, che inoltre si distanzia dal Ticino per ragioni linguistiche. Il salto decisivo che mi ha avvicinato maggiormente al pubblico italiano è stato probabilmente il fatto che il mio album sia uscito sotto un etichetta italiana, la Comet Records, che di conseguenza l’ha promosso e distribuito maggiormente in Italia.

Nel tuo paese i circuiti radiofonici sostengono in qualche modo la tua musica? In generale che rapporto hai coi network elvetici, siano essi radiofonici o televisivi?

Ho un ottimo rapporto. Sono sempre pronti a dare uno spazio e promuovere la musica di casa. Ricevo i resoconti delle emissioni radiofoniche puntualmente dalla SUISA, posso notare che abbastanza regolarmente i miei brani passano alla radio. Mi è capitato più volte di suonare in televisione e più spesso di essere invitato per delle trasmissioni radiofoniche.

Come mai la scelta di pubblicare nei tuoi album quasi esclusivamente pezzi solo strumentali?

La chitarra è il mio strumento di espressione, non ho mai cantato e non mi interessa particolarmente farlo. Spesso mi è stato detto da promoter e discografici che se cantassi avrei molte più possibilità e,
probabilmente in un certo senso hanno ragione.
Personalmente non sono mai riuscito a trovare un compromesso. Penso che la mia musica sia più personale e mi rappresenti in pieno nel suo lato strumentale e premetto che amo la musica cantata ed i cantautori americani, da Dylan a Cash a Springsteen. Penso che in ogni artista ci siano caratteristiche dovute al suo passato alle sue radici al suo carattere e la sua personalità. Se una di queste viene manipolata anche parzialmente viene a mancare l’anima, la ragione per cui un artista si esibisce. Preferisco quindi, se è il caso, lasciare il ruolo di cantante a qualcun’ altro, come è stato nella collaborazione con Eric St. Michaels.

Nella riedizione del tuo album “Bottleneck & Snakehead” dal titolo “Natural Born Slider”,
hai aggiunto tre brani cantati dall’ex vocalist dei China: Eric St. Michaels. Cosa ti ha spinto a cambiare idea?

Non ho cambiato idea, è stato un qualcosa in più, il disco rimane principalmente quello che era. L’etichetta discografica mi ha chiesto di inserire alcuni brani cantati per rendere più “commerciale” il
disco. In quel periodo, a lato del mio progetto, stavo lavorando con Eric e mi è sembrata una buona idea coinvolgerlo nel progetto.

Altri ospiti della nostra rubrica, coi quali abbiamo avuto il piacere di chiacchierare nei mesi scorsi, tra cui lo stesso Eric St. Michaels, e Joe Valeriano, con cui collabori spesso, ci hanno parlato in maniera molto positiva di te e delle vostre collaborazioni. Vuoi dirci
qualcosa su di loro e sulle vostre esperienze insieme? Com’è stato lavorare con loro?

Con Eric ho lavorato abbastanza intensamente per un periodo di due anni. Io suonavo nella sua band e lui cantava nella mia. Eric ha registrato nel mio album ed io nel suo (Song For A New Day), per i quali abbiamo composto diversi brani insieme. Qualche anno fa’ mi si è presentata la possibilità partire negli Stati Uniti per diverso tempo e le nostre strade si sono divise. Comunque abbiamo avuto modo di rincontrarci proprio questa estate, in occasione di un unico concerto e malgrado siano passati diversi anni, abbiamo ritrovato all’istante l’intesa di sempre, questa è la magia della musica! Con Joe Valeriano suono tuttora regolarmente in un piccolo locale a Milano (Nidaba Theatre). Anche con Valeriano c’è un intesa musicale che ci permette di dare vita a concerti pieni di spontaneità ed improvvisazione. Purtroppo fino ad ora non siamo riusciti a coronare la nostra collaborazione con la registrazione di un album… chissà…

Abbiamo assistito a diversi tuoi spettacoli, e non si può fare a meno di notare quanto sia forte la tua presenza scenica ( ti abbiamo visto suonare in piedi sui banconi dei locali e girare tra il pubblico usando bottiglie come ditali). E’ tutto frutto di improvvisazione o è parte integrante dello show?

Mi piace “darmi” al 100% quando mi esibisco e questi “giochi” fanno parte dell’energia che ti da’ la musica che suoni. Sono comunque momenti spontanei ed improvvisati che possono facilmente diventare parte integrante dello show. Dipende da come ci si sente la sera del concerto e come si ha voglia di proporsi al pubblico. Negli ultimi anni mi concentro maggiormente sul lato musicale ed esecutivo, senza il bisogno di particolari “exploit” visivi, ma chi può dire come mi sentirò domani?

Un musicista piuttosto affermato, una casa discografica alle spalle e un disco sugli scaffali dei negozi. Poi, ad un tratto sparisce il tuo sito web e sembra che tu ti sia un po’ defilato dalle scene. Cos’è successo?

Mi fa’ piacere che tu mi faccia questa domanda perché sento di dovere delle spiegazioni in questo senso… Come ti ho accennato prima, qualche anno fa’ ho avuto l’opportunità di partire per gli Stati Uniti per diverso tempo. Per circa due anni ho collaborato con il cantante americano Terry Evans (vocalist di Ray Cooder), con il quale ho lavorato sia in studio di registrazione a Los Angeles, che nei relativi tour in Europa e Stati Uniti, per un totale di più di 200 concerti tra Los Angeles, San Francisco, Chicago, Minneapolis, Portland, New York, Nashville, New Orleans ed in Europa in Svizzera, Italia, Spagna, Francia, Germania, Danimarca, Olanda, Austria e Ungheria. Il mio nome appare nell’ultimo album di Terry Evans Fire In The Feelin’ registrato a Los Angeles nel 2005.
Purtroppo durante questo periodo non sono riuscito ha tenere vivo il mio progetto, anzi ho sentito il bisogno di assimilare nuove esperienze in modo completamente libero. Di conseguenza ho dato l’impressione, come dici tu, che io mi sia un po’ defilato dalle scene, ma c’ero! Ero dall’altra parte dell’oceano… Il sito web tornerà prossimamente…

Oggi come organizzi la tua attività artistica? Fai tutto da solo o c’è qualcuno che ti supporta? Sei musicista a tempo pieno o fai anche altro nella vita?

L’attività artistica é suddivisa in diverse fasi che comprendono principalmente i concerti dal vivo e la composizione. Ho tante persone intorno a me che mi aiutano nel mio percorso, ma non sono appoggiato a nessun manager, o produttore, o agenzia al momento, se a questo ti riferisci. Sono un musicista a tempo pieno.

Progetti per il futuro? C’è qualche obiettivo che in particolare ti sei prefissato di raggiungere?

Attualmente sto lavorando alla realizzazione di un nuovo album che spero di avere occasione di registrare al più presto. Il materiale c’è ed è praticamente completo. Questo sarà il punto di partenza per inserirsi nuovamente nel mercato con un mio progetto e riprendere un attività di concerti dal vivo con la mia band.

Hai consigli da dare ai giovani artisti che intendono intraprendere la carriera da musicista?

Penso che il tipo di energia che bisogna avere per affrontare una carriera nella musica sia quella di fregarsene dei consigli… Se si sente dentro di sé che quella è la strada, bisogna percorrerla ed essere
pronti a dare… musica!

 

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Joe Colombo

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