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Miriam Mellerin

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Andrgraund vi porta alla scoperta dei Miriam Mellerin, giovane e promettentissima rock band pisana. Due chiacchere col gruppo sul loro primo omonimo album e non solo... Da non perdere!

In realtà non c'è molto da dirvi sui Miriam Mellerin per introdurvi all'interessante intervista che abbiamo realizzato con loro. Non perchè ci sia poco da dire sulla loro musica. Anzi, su quello ci si potrebbero fare un sacco di riflessioni approfondite, ma non avrebbe senso anticipare in questa breve introduzione quello che è il succo della chiaccherata che abbiamo fatto con loro. C'è poco da dire semplicemente perchè loro sono giovanissimi, e anche il gruppo ha una genesi piuttosto recente.
Innanzitutto i Miriam Mellerin sono Diego Ruschena, Daniele Serani e Pietro Borsò, e la loro avventura come band è cominciata solo poco più di un paio d'anni fa. Nonostante la loro giovane età nel giro di poco tempo si trovano a calcare prestigiosi palchi insieme a nomi di spicco della scena indipendente italiana, e da un po' di tempo è disponibile il loro primo album omonimo, che fin da subito ha ottenuto pareri favorevoli da parte della critica e un riscontro più che positivo da parte del pubblico. Non è roba da tutti!
Di questo loro sorprendente debout album e di molto altro parleremo con loro nelle righe che seguono. Rimanete incollati al monitor!

 

Ciao ragazzi, benvenuti su andergraund e grazie del tempo che ci state dedicando. Per rompere il ghiaccio raccontateci brevemente di voi. Come e quando le vostre strade si sono incrociate e com'è maturata la decisione di diventare i Miriam Mellerin?

Diciamo che non c’è una vera e propria data di nascita del progetto, l’intenzione di suonare in un gruppo c’è sempre stata da parte di tutti ma è stato difficile trovare un assetto equilibrato. All’inizio cercavamo un cantante ma poi lavorando in sala prove ci siamo resi conto che in trio non mancava niente per cominciare a scrivere pezzi e suonare fuori dalla sala prove. Con i primissimi brani abbiamo creato un demo ed allora ci siamo battezzati Miriam Mellerin

Avete avuto un esordio col botto. Il vostro primo album è uscito da pochi mesi e ha già ottenuto un sacco di riscontri positivi da parte della stampa specializzata e del mondo del web. Vi aspettavate questo successo? Com'è cambiata, se è cambiata, la vostra vita artistica in questi mesi?

Una volta concluso il lavoro in studio, ascoltando e riascoltando il disco, eravamo consapevoli di aver prodotto qualcosa di bello. La totale ignoranza riguardo al funzionamento della scena underground ci aveva impresso molti dubbi riguardo alla possibilità di diffondere il disco, inoltre non sapevamo se al primo ascolto avremmo potuto suscitare interesse. La sorpresa è arrivata con i pareri positivi di chi ci ha recensito, con l’interessamento di chi non aveva mai sentito parlare di noi, e da allora ci siamo resi conto di aver saputo toccare le corde giuste per trasmettere un messaggio forte e chiaro a chi ci ascolta.
Questo esordio è stata per noi una spinta incredibile a continuare lungo la direzione intrapresa, a credere nelle proprie convinzioni e nel lavoro svolto.

Parliamo un po' più nello specifico del disco. L'album porta il vostro nome, quindi penso vi rappresenti al cento per cento. Quanto siete soddisfatti e orgogliosi del risultato? A distanza di qualche mese c'è qualche scelta che non rifareste o agireste esattamente nella stessa identica maniera?

L’album ci rappresenta perché è stato frutto del nostro lavoro, ci vantiamo di non aver avuto bisogno di arrangiatori, produttori visionari come spesso capita… il risultato supera sicuramente le nostre più rosee aspettative, non si può negare che con le conoscenze che abbiamo acquisito fino ad oggi praticheremmo scelte diverse. Con il prossimo lavoro cercheremo di applicare queste conoscenze per migliorarci ulteriormente, ma non ci pentiamo assolutamente delle scelte fatte in passato.

Quali sono le influenze principali presenti nel disco? Quali sono stati gli artisti e i gruppi che vi hanno fatto crescere maggiormente come musicisti e che hanno influito in qualche modo sul vostro lavoro?

Nel disco c’è il sentore di molta musica d’oltreoceano, ma anche influenze di gruppi italiani come ITDO, Marlene Kuntz. Siamo molto appassionati dei concerti dal vivo e per noi una serata diventa una vera e propria “lezione” sullo stile di un gruppo. Ci hanno molto impressionato i Sonic Youth, gli Shellac, gli Zu, per l’approccio che hanno col pubblico e per la grande carica che riescono a creare durante il live set.
Come spesso si dice, parlare delle influenze di un gruppo può essere riduttivo. Lo è soprattutto quando gli ascolti vengono metabolizzati e il frutto del lavoro del gruppo non diventa un semplice “copia e incolla”, ma diviene l’elaborazione di un proprio linguaggio.

Ci sono dei pezzi veramente molto interessanti nel disco. "Made in Italy" ad esempio è un'istantanea piuttosto diretta e realistica del difficile periodo che sta attraversando il nostro paese, una nazione ferita e mal guidata, e, la cosa secondo me più preoccupante che esce dalla vostra analisi, senza più nemmeno la voglia e la forza di reagire e combattere per cambiare le cose. L'unica soluzione per salvarsi quindi è scappare?

Scappare non è la soluzione, serve solo ad allontanarsi da un pericolo per avvicinarsi ad un altro. In “Made in Italy” diciamo che la rovina del nostro paese è l’immobilismo, il tirare a campare e tutto il retaggio di luoghi comuni che ci impedisce di guardare la realtà con senso critico. Ci piace abituarci, aspettare che le cose passino da sole o meglio ancora, che qualcuno le risolva per noi. La fuga è intesa in senso lato, perché noi amiamo questo paese e vogliamo scappare dalle nostre cattive abitudini per migliorarlo e per riappropriarcene.

"Ostrakon" è una stroncatura senza mezzi termini della classe dirigente italiana. Pensate che i vari movimenti di popolo che stanno assumendo sempre maggior peso ultimamente possano essere un punto di partenza interessante per cominciare una rivoluzione o ci vuole un segnale molto più forte per ottenere un cambiamento radicale?

Discorso enorme per un giovane gruppo di ragazzi! In questo brano si parla in senso molto ampio della rappresentatività, vista nell’ottica di lungo periodo. Ma se vogliamo parlare dell’attualità, possiamo dire che i movimenti di popolo sono una conseguenza - e non un punto di partenza - del cambiamento. Il crollo della società globale costringe a prendere provvedimenti, a togliere il marcio e ricostruire il mondo sulla base di principi più sostenibili. Il distacco e l’insensibilità dei governanti portano a trascinare i problemi nella speranza di salvare i privilegi di chi controlla il paese. Il cambiamento radicale è possibile con l’educazione, col rispetto reciproco. Non esiste un segnale più forte di questo.

Parlatemi di "Stilnovo". Mi ha incuriosito molto come pezzo. Vuole essere un omaggio a Cecco Angiolieri, a De Andrè, che anni fa aveva già fatto un operazione simile, o semplicemente la dimostrazione che gira e rigira, cambiano i tempi e cambiano i protagonisti, ma i problemi rimangono sempre più o meno gli stessi?

“StilNovo” è un omaggio alla nostra meravigliosa lingua, alla sua espressività, all’uso corretto del congiuntivo e del condizionale, vuole essere un invito a migliorarsi ispirandosi ai grandi del passato. Troppo facile lamentarsi di come vanno le cose, delle ingiustizie, delle inefficienze. Il primo passo per migliorare la società è quello di migliorare sé stessi, dare il buon esempio.

Penso che invece "B.H.O.O.Q." sia, musicalmente parlando, il pezzo più interessante e originale del disco; è un condensato di stili e di influenze particolarmente riuscito. Cosa mi potete dire di questa traccia?

Nei giorni precedenti alla scrittura del pezzo avevamo assistito al concerto di Tito & Tarantula e ci era rimasta l’immagine fortissima di questa band, l’uso caratteristico dello spagnolo…provando qualche idea strumentale poi è venuta l’idea di introdurre il tema dell’Adagio dal Concierto de Aranjuez, un classico riproposto in tantissime versioni strumentali. Questo pezzo è davvero molto carico, ci piace suonarlo ogni volta di più… di sicuro non ci ha mai stancato! In disco inoltre è uscita fuori una versione molto particolare, grazie al contributo della tromba di Marco Calcaprina.

Se doveste scegliere una pezzo di cui andate particolarmente fieri, che secondo voi è riuscito particolarmente bene o che pensate possa rappresentare un buon punto di partenza da cui ripartire per i vostri futuri lavori, quale scegliereste?

“B.H.O.O.Q.” come hai già detto è il pezzo più originale, sicuramente… anche “Parte di me” secondo noi ha molte qualità, e forse da un punto di vista artistico e comunicativo è quello meglio riuscito. Il prossimo lavoro è già in cantiere…e potrete giudicare quale strada abbiamo deciso di seguire!

In generale come nasce la vostra musica?

Non abbiamo mai seguito la stessa procedura, ogni brano in effetti è nato in modo diverso anche per quanto riguarda il rapporto testo-musica. Rispetto a molti altri progetti e generi musicali cerchiamo di dare maggior rilievo alla parte strumentale, perché sappiamo che la musica è capace di toccare le corde più nascoste dell’anima. Il testo viene concepito in un contesto più meditativo e cerebrale!

E cosa mi dite invece del lavoro in studio? Come si svolge? Cambiano molto i pezzi tra la prima stesura e la versione definitiva oppure entrate in studio con le idee già piuttosto chiare?

La nostra prima vera esperienza in studio è avvenuta lavorando su questo disco. Ci siamo trovati con una decina di pezzi già molto elaborati e smussati - ad eccezione di “Made in Italy” che è stata ultimata proprio in quei giorni - proprio grazie all’intenso lavoro fatto in sala prove. Lì abbiamo curato molte scelte stilistiche, che ci hanno reso le cose più semplici una volta registrati i brani in studio. La fase più creativa del lavoro in studio è sicuramente quella del missaggio, della scelta degli effetti e delle sonorità complessive. In ciascun momento però è fondamentale avere le idee chiare di quello che si desidera, mantenere la lucidità necessaria per dare il massimo al proprio lavoro e avere grande umiltà, per accorgersi degli errori e trovare soluzioni migliori.

Il disco suona molto asciutto ed essenziale. E secondo me è una scelta molto azzeccata visto il vostro sound. Anche perché so che avete avuto un approccio analogico nella registrazione del disco. Come mai avete scelto di agire seguendo la vecchia scuola?

L’approccio è stato scelto dal nostro fonico Edoardo Magoni, che già lo aveva applicato in altre produzioni tra le quali “In Absentia” dei Kobayashi…è stata una scelta azzeccata, che ha reso al meglio le parti del disco e che ci ha caratterizzato molto la sonorità generale anche dal vivo.

Il vostro disco rivela anche un attitudine live molto marcata. Quanto è importante stare sul palco per crescere e maturare come band?

Per quanto ci riguarda è stato fondamentale. Dal vivo si impara a comunicare, a saper trasmettere emozioni e a riceverne da chi ti ascolta. Se non avessimo mai deciso di esibirci prima di aver scritto un certo numero di brani, ci saremmo trovati in grandi difficoltà…invece il live va preso in piccole dosi ma con grande costanza, ci vuole anche un discreto allenamento per riuscire bene sul palco.

Qual è lo stato di salute della musica live in Italia? Molti artisti con cui abbiamo parlato finora non ci hanno dipinto un quadro roseo della situazione. Ci sono spazi adeguati e sufficienti per suonare e farsi conoscere?

Nella nostra Toscana ci troviamo in una situazione piuttosto buona, gli spazi per suonare non mancano ma quello che non sempre si trova è la cultura del live. Spesso chi gestisce il locale non si interessa del messaggio che vuoi trasmettere con la tua musica, a volte ti viene rivolta la classica domanda “ragazzi ma quanta gente mi portate?” proprio perché l’ottica non è affatto lungimirante. Fortunatamente esistono tanti locali che fanno belle programmazioni e danno spazio agli emergenti, riuscendo ad offrire validissime alternative alla Tv.

La larghissima diffusione di internet da un lato ha innegabilmente danneggiato il mercato musicale tradizionale, ma dall'altro, specialmente grazie ai social network, sicuramente si è rivelata uno strumento preziosissimo al servizio della musica indipendente. Negli ultimi anni personalmente ho notato un gran fermento sul web. Cosa ne pensate della scena underground italiana? C'è veramente tutta questa urgenza creativa in giro, o pensate che si tratti in parte di un fuoco di paglia? Al giorno d'oggi di fatto basta un pc per registrare un pezzo, due minuti per crearsi una pagina su facebook e il gioco è fatto... Che in sé è molto positiva come cosa, però molto spesso il progetto che c'è dietro risulta abbastanza debole.

Per l’esperienza fatta vediamo che la scena indipendente, con i suoi immancabili difetti, costituisce un’isola felice nel mondo della musica italiana per quanto riguarda la qualità dei contenuti. La grande facilità, come hai osservato, con la quale è possibile diffondere il proprio progetto riesce a far emergere progetti autentici e non manipolati da logiche di mercato. Nella scena indipendente c’è di tutto, e ci sono tantissimi artisti capaci e raffinati. I punti deboli sono facili da intuire, ma ricordiamoci che un progetto poco valido muore con la stessa velocità con cui nasce…e la grande concorrenza che si sta creando sarà lei stessa un fenomeno utile a “setacciare” il buono e alzare il livello qualitativo.

L'autoproduzione è più una scelta di libertà o una strada obbligata perché non ci sono alternative?

Esistono tantissime realtà anche nell’ambito delle etichette, noi abbiamo preferito muoverci con piccoli passi per capire come funziona la scena… le alternative ci sono, ma a volte possono essere svantaggiose, quindi è sempre bene valutare con attenzione!

Tornando a voi, quali sono i vostri progetti a breve e lungo termine?

Aspettando che la calura estiva dia tregua, lanceremo qualche piccola novità audiovisiva! E non solo… 
Siamo alle prese con la scrittura del prossimo lavoro, i nuovi brani prendono forma e forse nei prossimi concerti ci sarà l’occasione per testarli! Teneteci d’occhio su facebook.com/miriamellerin

Grazie mille per la vostra disponibilità e in bocca al lupo per tutto!

 

[B!]

 

 

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