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Rockstar dal volto umano

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Continua il successo di 'Junk of the Heart", il nuovo album dei Kooks. Conosciamo meglio i giovanissimi e irreverenti portavoce di una generazione

 

E' uscito ormai da qualche mese, ma vi voglio segnalare comunque quest'album perchè il singolo che ne ha anticipato l'uscita, ‘Junk of the heart‘, è tuttora uno dei pezzi rock un po' alternativi tra i più apprezzati e canticchiati del momento, merito anche, come spesso accade in questi casi, ad un martellante spot in cui il brano fa da tappeto musicale. Sto parlando naturalmente del nuovo album dei The Kooks, ‘Junk of the heart‘ per l'appunto, come il singolo, uscito per Astralwerks Records / Emi Music lo scorso settembre.
L'album ha avuto fin da subito un grosso successo nella patria del gruppo, l'Inghilterra, dove a poche ore dall’uscita era già nella top ten degli album più venduti, e poi pian piano il disco si è insidiato nelle posizioni alte delle classifiche di mezza Europa.
Forti del successo dei precedenti progetti, la band inglese originaria di Brighton, ha affidato la produzione del suo disco a Tony Hoffer, conosciuto per le sue collaborazioni con nomi del calibro di Beck, Air e Belle & Sebastian.
Scritto interamente dagli stessi The Kooks e registrato al The Sound Factory di Los Angeles e al Sarm Studios di Londra, ‘Junk of the heart‘ è il terzo lavoro della band e li vede consolidare la loro posizione di gruppo capace di creare un album valido e onesto, con quel marchio di fabbrica “tipicamente British”, accattivante e coinvolgente.
Il brano d’apertura è costruito intorno al suono della chitarra acustica che lascia il passo alla calda scia del synth prima di piegarsi in un coro “che canterai per giorni”. Questo brano dimostra come, nonostante i cambiamenti dettati dalle loro influenze, la band abbia mantenuto intatta la capacità di scrivere canzoni pop senza eguali, capaci di centrare il bersaglio al primo colpo.
“È un album positivo, ottimista, da suonare sotto il sole – racconta il frontman Luke Pritchard a proposito delle nuove 12 canzoni - quello che volevamo fare davvero era costruire un vero e proprio album, qualcosa che si possa ascoltare dall’inizio alla fine. Siamo una band da album e questo è un viaggio da compiere insieme a noi”.
Questa nuova opera segna anche il ritorno di Paul Garred alla batteria che riprende così il suo posto a fianco a Luke Pritchard (voce), Peter Denton (basso) eHugh Harris (chitarra) dopo essere stato rimpiazzato nel 2009 da Chris Prendergast, in seguito ad un problema al braccio.
‘Junk of the heart‘ succede a “Inside In / Inside Out” (multiplatino), pubblicato nel 2006, l'album di debutto della band, e”Konk”, uscito nel 2008 (platino), due album che hanno permesso alla band di vendere più di 2 milioni di copie nel mondo.
Se vi accostate al gruppo per la prima volta, la prima cosa da sapere a proposito dei Kooks (che prendono il nome, per i pochi che non l’abbiano immaginato, dal brano omonimo dell’album ‘Hunky Dory’ di David Bowie) è che, come dimostrato dall’epiteto che si sono scelti, amano il rischio. E' lo stesso frontman Luke Pritchard a spiegare: "Solitamente le band tendono a scegliere una direzione musicale e a non mollarla più", afferma, rollandosi una sigaretta e sbirciando da sotto una matassa di capelli ricci alla Syd Barrett. “Noi dei Kooks intendiamo fare l’opposto. Con tanta musica da esplorare, perché porsi dei limiti?”
I Kooks sono una rarità nel mondo del pop: un gruppo di giovanotti trasandati ma dalla faccia pulita, destinati a rinfocolare la fede nel sacro graal del cantautorato inglese, che spazia dai Supergrass, ai Kinks e oltre, passando per i (primi) Blur. Le loro canzoni narrano di una pletora di strani incidenti sugli autobus e nelle camere da letto – su questo torneremo più avanti – e, più in generale, di imbarazzanti episodi adolescenziali che non mancheranno di toccare le corde di chiunque si sia ritrovato steso su un divano, bloccato in un dilemma sul più bello. Ma l’altra caratteristica delle canzoni è un’allegra irriverenza che molte case discografiche preferirebbero vedere unicamente incastonate nell’ambra, e certamente non sguinzagliata nelle sale da concerto di tutta la nazione.
E non è tutto. Acuti e nonostante la giovane età posseggono un’impressionante collezioni di dischi che risalgono all’alba dei tempi. Impegnato a condurre di propria iniziativa una ricerca su figure quali Neil Young, Nick Drake e Chuck Berry, Luke reclutò lo scostante bassista Max Rafferty (primo concerto: Jacques Loussier) e con lui, con la scusa di guadagnare crediti a scuola con un ‘progetto accademico’, diede vita ai Kooks. La prima canzone che abbiano mai suonato insieme fu ‘Reptilia’ degli Strokes.
Messi sotto contratto in un baleno dalla Virgin, sulla scia di un incendiario debutto lungo quattro canzoni al Free Butt di Brighton, da allora hanno provato l’ebbrezza di essere esposti al fuoco di fila del pubblico di Stoke, di suonare per mostri di varia foggia (in occasione di una sventurata festa di Halloween a Liverpool), e di ritrovarsi in preda alla calca durante un tour come gruppo spalla dei Thrills, affinando tutto il tempo la propria giovanile carica musicale nei locali di un ex panificio industriale.


“Scriviamo tutti canzoni e ci piacciono un sacco di generi musicali diversi, e per questo litighiamo spesso su come e cosa suonare” dice Luke. “È in questo che consistono le prove per noi. Comunque, il modo di suonare di Max e Hugh conferisce a tutto quello che facciamo una chiara vena soul e reggae, che è vitale. Siamo una ‘groove rock’n’roll’ band con tanta voglia di far ballare la gente...”
Alle orecchie di chi scrive, questa band offre la più limpida ed estatica celebrazione delle trasgressioni giovanili dai tempi di ‘Caught By The Fuzz’ dei Supergrass e, andando ancora più indietro nel tempo verso la preistoria, ‘Pictures Of Lily’ dei Who. Dopotutto, come spiega candidamente Max, ‘Eddie’s Gun’ parla di “disfunzioni erettili”.
"L’album comprende ogni tipo di musica, nessun genere escluso” afferma Luke, affacciandosi a un nuovo, lungo pomeriggio di prove.
“Da Bobby Womack ai Clash!” esclama raggiante Max.
“Non abbiamo alcuna intenzione di rifuggire dai rischi,” precisa Luke.
“Mi è piaciuto molto il coraggio mostrato dai Coral nel realizzare un primo album diverso da tutti gli altri. È questo il compito dei nuovi gruppi. Noi vogliamo sfidare le aspettative che la gente ha nei nostri confronti. Ma al momento la nostra vera missione è di fare della grande musica pop. Troppe band sembrano avere paura del pop, ma sbagliano. Quando è fatto bene, non c’è niente di meglio. E noi vogliamo farlo divertendoci!”
La band è attualmente impegnata in un tour tra Europa e Stati Uniti che questo autunno li ha portati anche in Italia, il 27 ottobre in un'incredibile unica data all’Alcatraz di Milano.

 

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