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Patti Smith - Twelve

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Patti Smith - Twelve Sul talento e sulla classe di un’icona come Patti Smith (alcuni dei suoi pezzi io li amo alla follia) penso che nessuno abbia niente da obbiettare. Fatta questa doverosa premessa, devo anche aggiungere che questa moda di rileggere brani storici portati al successo da altri artisti, di solito mi lascia un po’ perplesso; come si può avere la presunzione di pensare di poter reinterpretare un brano altrui aggiungendo qualcosa in più rispetto a quello che ci ha messo l’artista che l’ha partorito. Sicuramente l’intento della Smith non era questo, ma quello di rendere omaggio ad artisti e canzoni per lei importanti per la sua crescita professionale e spirituale. Operazione che in alcuni casi può risultare suggestiva, in altri però un po’ azzardata, come quando si tenta di rivisitare un pezzo tra i più noti dei Nirvana o di Bob Dylan.

Patti Smith, la sacerdotessa del rock, torna in uno studio di incisione tre anni dopo il suo ultimo album, il discusso “Trampin”. Riprendendo un progetto che aveva nel cassetto da quasi trent'anni e la bella abitudine di re-interpretare altri autori, stavolta Patti Smith sforna un disco integralmente costituito da cover. Dodici canzoni, "Twelve" appunto, filtrate attraverso la sua anima e che curiosamente spaziano tra gli estremi non solo temporali di Jimi Hendrix ("Are You Experienced?") e i Tears For Fears ("Everybody Wants To Rule The World"), scivolando su perle di eterna bellezza ora con delicatezza ("Helpless" di Neil Young), ora con emozione ("Pastime Paradise" di Stevie Wonder), senza dimenticare la grandezza di autori come Bob Dylan e Paul Simon. Incredibile!

 

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