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Hurts - Happyness

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Hurts - HappynessSe non fosse che sul retro di Happiness, primo album degli Hurts, è chiaramente scritto che l’anno di pubblicazione è il 2010, questo potrebbe benissimo essere un disco di metà anni ’80. Theo Hutchcraft (voce) e Adam Anderson (elettronica, sintetizzatore, chitarra, pianoforte, tastiere), duo electro–pop di Manchester, non si sono solo ispirati al sound degli eighties, né si sono limitati a catturare qualche sonorità per stare al passo con la moda. Hanno piuttosto realizzato un progetto che a partire dall’immagine è intrinsecamente anni ’80 e si incastona tra i Pet Shop Boys di “Please” e i New Order, passando per i primi A-ha e i Jonny Hates Jazz… Ma la cosa sorprendente è che non sa di “già sentito”. L’effetto vintage è innegabile, ma l’album non si esaurisce nel gioco facile della nostalgia: punta piuttosto su canzoni di ottima fattura, con una linea melodica ben strutturata e arrangiamenti curatissimi nei quali l’elettronica si esprime ad ampio respiro ora percorrendo i binari solidi del ritmo (“Better than love” o “Sunday”), ora creando spazi di introspezione (“Devotion”, nella quale tra l’altro compare come ospite un’intensa Kylie Minogue), ora costruendo crescendi emotivi di notevole efficacia (“Stay” o “Illuminated”). Buona anche la cura del mood generale dell’album, che pur chiamandosi “Happiness”, ovvero “felicità”, lascia poco spazio alla gioia, ma esplora tutte le sfumature della malinconia, del distacco, dell’assenza… non a caso nell’ultima pagina del libretto del CD compare a caratteri bianchi su sfondo nero la scritta “lento doloroso”. L’unica nota stonata dell’album è forse la ghost track “Verona” che per il tono un po’ lirico ed orchestrale si distacca eccessivamente dal resto dell’album. Ma a questo si può ovviare premendo stop dopo la splendida “The water”… [Sergio]
 

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