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David Gray - Foundling

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David Gray - FoundlingNel panorama musicale contemporaneo è sempre più raro che un artista riesca a stupire senza puntare su super produzioni ed effetti speciali, ma andando all’essenziale. David Gray è decisamente uno di questi artisti e il suo ultimo album, “Foundling”, è stato una sorpresa. Anzi, una sorpresa nella sorpresa! A settembre di quest’anno era stata infatti prevista una riedizione dell’album “Draw the Line”, uscito a settembre 2009, ma è stata invece annunciata la pubblicazione di un album autonomo inteso come una raccolta di canzoni scartate dal precedente lavoro e di altre nate durante l’ultimo tour. E, ulteriore sorpresa, un album doppio, con un primo disco di 11 tracce è un disco bonus di 8. Ma ciò che si è rivelato sorprendente più di tutto è stata la scelta musicale di questo nuovo album: il ritorno al folk. David Gray nasce infatti come autore folk e i suoi primi lavori –“A Century Ends” del 1993 e “Flesh” del 1994- hanno una forte impronta acustica e i suoni scarni, grezzi e polverosi tipici della musica popolare britannica.Una svolta avviene nel 1999 con la pubblicazione di “White Ladder”, forse il suo album più celebre, nel quale le melodie si rilassano, si placa l’irruenza dell’inizio e la musica si fa più ricercata, incontrando un’elettronica prudente, elegante, mai invadente. Gli album successivi (“A New Day at Midnight” del 2002 e “Life in Slow Motion” del 2005) seguono questa linea e David Gray affina la sua vena cantautoriale alternando ballate struggenti, a tratti dolorose e brani forti, solidi, emotivamente potenti. Il già citato “Draw the Line” si pone come completamento di questo secondo periodo: la maturità artistica è non solo raggiunta, ma avvalorata da una capacità sia compositiva, sia espressiva che trovano in questo lavoro le vette più alte. “Foundling” è, come si diceva all’inizio, una sorpresa e lo è anche per questo: dopo aver tanto investito David Gray non deve più dimostrare nulla a nessuno, a sé stesso meno che meno e sembra prendersi una pausa per giocare con la musica, per sperimentare, per ritrovare il gusto di linee melodiche semplici, di arrangiamenti essenziali, di un’emotività lieve, quasi sussurrata. Il risultato è una raccolta di canzoni, di ottime canzoni, che pur non essendo nate per formare un album, restituiscono l’immagine di un artista arrivato, appagato e soddisfatto. E questo per David Gray non significa scadere nella superficialità o in una leggerezza che non gli appartiene, ma è piuttosto un rivelare dei diversi livelli di intensità e una passionalità ammansita, più intimista, ma sempre genuina e sincera. Si passa così da brani squisitamente folk (la title track “Foundling”, “Gossamer Thread” con la sua perfetta fusione di voce e chitarra, “In God’s Name”, “A Milion Years”, “Old Father Time”) ad altri che vedono la voce ruvida di David Gray dialogare col pianoforte (la toccante “The Old Chair”, “Fixative”). E disseminate qua e là brevi digressioni: “Forgetting”, quasi un sussurro, un parlare tra sé per dar forma ad un pensiero; “We Could Fall in Love Again Tonight” con la sua atmosfera volutamente vintage sottolineata da un sax che strizza l’occhio agli anni ’80; “Who's Singing Now”, un emozionante gospel folk che nel suo essere scarno, popolare, trova purezza e sacralità; la sanguigna, irruente “Indeed I Will” che termina con un grido liberatorio e compiaciuto. Può mancare coesione a questo “Foundling”, si può avvertire l’assenza di un progetto unitario e di quell’uniformità stilistica che ha sempre caratterizzato i precedenti lavori di David Gray. Ma emergono al contempo la creatività e la versatilità di un artista che si conferma uno straordinario cantautore capace di emozionare e sorprendere… capace di far risuonare tutte le corde del cuore con immediatezza, con sincerità, con una voce ruvida che arriva dritta dritta sotto la pelle. [Sergio]
 

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