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Intervista agli Stardog - a cura di Bugs!

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Ciao ragazzi e grazie per aver trovato un po' di tempo da dedicarci. Allora, partiamo dagli inizi. Raccontateci come è nato il progetto Stardog.

Stardog è nato oramai dieci anni fa (e infatti è anche per questo che è giunto oramai il tempo della pensione), come progetto mio, con cui presentare le canzoni che avevo scritto e che scrivo. Non essendo convinto, ai tempi, dell'idea di presentarmi con il mio nome, avevo scelto questo pseudonimo, che aveva tutta una serie di connessioni con cose che mi piacevano da ragazzo, e poi, espandendosi progressivamente e con vicissitudini varie il numero di musicisti coinvolti nel progetto, il nome era rimasto a identificare un progetto che nel frattempo stava muovendo i primi passi, sia in termini di concerti fatti, che di registrazioni eccetera. Ma la connotazione iniziale è sempre stata quella più cantautorale, e non da band canonica, il che spiega anche i vari cambi di formazione e di mondi sonori attraversati.

Leggo sulla bio pubblicata sul vostro sito che avete un curriculum di tutto rispetto. Un sacco di date all'attivo, una lunga serie di premi e riconoscimenti... C'è un momento in particolare della vostra carriera che è stato importante per voi o un ricordo a cui siete particolarmente legati?

Diciamo che ogni passo fatto è stampato in maniera, credo, indelebile, nella nostra memoria, dai ricordi più divertenti a quelli più belli a quelli che invece sarebbe anche saggio mettere nel dimenticatoio. Mi viene anche difficile isolarne uno solo e raccontarlo, però una delle cose più divertenti è stata suonare insieme a grandi musicisti quali Howe Gelb, con cui abbiamo fatto live una cover di Neil Young, o Andy dei Bluvertigo, che ha suonato nel disco e con cui abbiamo anche fatto una data dal vivo. Importante poi è stato tutto, compresi gli episodi più deludenti e scoraggianti.

Avete diviso il palco con un sacco di artisti molto importanti, e molti di loro hanno parlato molto bene di voi e hanno dimostrato di apprezzare molto ciò che fate. Una bella soddisfazione immagino. C'è qualcuno di questi incontri vi ha arricchito in modo particolare?

Come dicevo anche prima, tutti questi incontri sono stati significativi. Un musicista con cui è stato particolarmente bello lavorare, sia come atmosfera in studio che come cose che ho imparato lavorando con lui, è sicuramente Amaury Cambuzat, il leader degli Ulan Bator.

Quant'è importante suonare ed esibirsi per acquisire una maggior sicurezza e per fare gruppo?

Suonare è importante, punto. Siamo musicisti, quindi suonare è una necessità e un'espressione vitale come respirare. Semplicemente, a un certo punto avverti che suonare è la tua cosa, e quindi lo fai. Questo è un passaggio che arriva ancora prima, oltre che essere più importante, del fare gruppo (cosa che personalmente non ritengo per forza in sé indispensabile).

Visto che parliamo di live e concorsi vari permettetemi subito una prima digressione. Secondo voi com'è la situazione della musica dal vivo in Italia? Voi suonate un sacco in giro, ma pensate che in generale ci siano spazi adeguati e sufficienti? Molti artisti con cui abbiamo parlato in passato non ci hanno dipinto un ritratto roseo della situazione, specialmente per chi cerca di proporre pezzi propri o qualcosa di diverso.

Non solo il quadro non è roseo, ma è proprio nero! La situazione per chi vuole proporre musica (propria) dal vivo è sempre peggiore. Basta guardare il caso di Milano, la mia città, dove sistematicamente, da anni, oramai, è in atto un'opera di spegnimento di tutti gli spazi sociali di cultura, aggregazione, divertimento, in cui si suona dal vivo. E' storia recentissima, di questi ultimi giorni, la chiusura forzata da parte delle forze dell'ordine, con motivazioni più che pretestuose che non possono che far pensare a un preciso disegno politico, di due locali storici di Milano, le Scimmie e la Casa139, in cui si faceva musica dal vivo, ma non solo, anche e soprattutto cultura e aggregazione. Questa, in un contesto già reso difficile dalle situazioni contingenti (sempre minore interesse ai live, approssimazione organizzativa, condizioni tecniche spesso discutibili, e, non ultima, troppa musica non necessaria a disposizione di un ascoltatore di suo già distratto) è proprio la goccia che fa traboccare il vaso, una situazione cui bisogna in ogni modo ribattere facendo fronte comune tra musicisti, gestori di locali e enti competenti.

Cosa ne pensate in generale del panorama undergroundalternative italiano? C’è molto fermento in questi ultimi tempi, la tecnologia sicuramente aiuta tantissimo. E’ tanto fumo o ci sono realmente un sacco di idee interessanti?

E' il caso di dire che la verità sta nel mezzo. Ci sono talmente tante proposte che è inevitabile che in mezzo ci siano realtà belle e interessanti e altre più fumose. Diciamo che uno degli inevitabili svantaggi dell'accesso facile alla tecnologia e alla comunicazione anche via internet è che è sempre più difficile discernere, per l'ascoltatore ma anche per gli addetti ai lavori, quali progetti siano veramente fondati su un'intenzione seria e necessaria e quali siano invece più leggeri come spessore.

Leggo ancora dalla vostra bio che la vostra musica nasce fondamentalmente dall'intreccio tra gli anni ’80 e l’esperienza compositiva tipica della canzone d’autore italiana. Quindi è interessante chiedervi quali gruppi o quali artisti sono stati importanti per la vostra crescita musicale o hanno influito maggiormente sul vostro sound.

Il connubio che dici tu è una descrizione calzante che riguarda però soprattutto il nostro disco, "Oltre le nevi di piazza Vetra". La verità è che, come autore, mi ha sempre interessato esplorare una scrittura melodica che sento molto italiana e legata anche a una tradizione solida, non solo cantautorale ma proprio armonica e musicale, e un gusto per il suono più variegato e eterogeneo. Detto questo, i nomi da cui sono stato influenzato sono ovviamente molti, in generale sono quelli di scrittori di canzoni, e quindi una lunga teoria che include Bob Dylan, Nick Cave, David Bowie, Ivano Fossati, Luigi Tenco, Piero Ciampi, Morgan, Pj Harvey, Devendra Banhart e molti altri ancora...

Avete più o meno gli stessi punti di riferimento oppure avete influenze diverse? E nel caso, come riescono a conciliarsi?

Naturalmente ci sono coincidenze e differenze tra noi, ma per fortuna siamo stati sufficientemente curiosi da aver voglia tutti di conoscere quello che non conoscevamo e di lasciarci influenzare a vicenda. E naturalmente anche molto determinati nella volontà di non lasciarci influenzare troppo dai nostri rispettivi punti di riferimento ma di trovare una nostra personalità.

Come nasce la vostra musica? Chi partorisce le idee e come le sviluppate? C'è uno schema fisso o cosa?

Come accennavo qua e là prima, Stardog non è mai stata una band nel senso canonico del termine, quanto una emanazione di un mio progetto cantautorale, quindi molto semplicemente sono io che sottoponevo i brani agli altri musicisti, con la canzone già delineata nel testo e nell'idea generale di arrangiamento, per poi discutere e provare insieme dettagli e interpretazione.

Cambiano molto i vostri brani tra la prima stesura e la versione definitiva?

In linea di massima no, nello scheletro e nell'ossatura generale, ma mi piace non dare una versione veramente definitiva e chiusa di un brano, quanto piuttosto farlo vivere di vita propria e lasciarlo mutare nel tempo. Con questo non intendo ovviamente dire che il ritornello di un brano diventa la volta dopo la strofa, ma che, come insegnano Dylan o De Gregori, una canzone è un'istantanea che è scattata in un particolare momento e che così viene ad esempio presentata su un disco, ma poi vive di vita propria, come un organismo, e può mutare, anche radicalmente, nell'intenzione con cui viene suonata, ad esempio, o nell'arrangiamento. Proprio perché la forza di una canzone è la canzone stessa, la scrittura e l'andamento melodico, non (sempre) il suo suono.

I vostri pezzi di cosa parlano? Prendete spunto da storie personali, dall'osservazione della realtà che vi circonda o da che cosa?


Ogni cosa che succede e che osservo e che mi colpisce può diventare, spesso anche in maniera metaforica, spunto per una canzone. In linea di massima non sono un cantastorie, difficilmente racconto storie con una trama e uno svolgimento nei miei brani, sono più facilmente emanazioni dei miei sentimenti, delle mie riflessioni su ciò che la vita ti fa vedere, delle narrazioni del mio sentire, di quello più intimo, che provo a esprimere rendendolo il più possibile universale.

Ad un certo punto del vostro percorso siete passati dallo scrivere pezzi in inglese ai testi in italiano. Ci sono stati dei motivi in particolare che vi hanno portato a questa conversione, oppure è stata un'evoluzione avvenuta in modo del tutto spontaneo?

E' stata una urgenza espressiva, nata in modo spontaneo e poi fortemente voluta. E' estremamente più bello, interessante, stimolante, scrivere nella nostra lingua e comunicare i sentimenti e le emozioni che si raccontano nelle canzoni che scrivi in modo più immediato e diretto.

Il vostro ultimo album è "Oltre le Nevi di Piazza Vetra", uscito ormai da un po'. Volete spendere due parole su questo vostro ultimo lavoro?

"Oltre le nevi di piazza Vetra" è stato, fin dal titolo (che si riferisce a una storica piazza di Milano, da sempre centro creativo nevralgico e pulsante della città vera, non quella da cartolina e da pubblicitari, e da qualche anno tristemente chiuso e recintato, reso asetticamente inviolabile dalla "contaminazione", ritenuta nociva da chi amministra la città, di idee, fermenti e esseri umani) un personale atto d'amore verso la città in cui agiamo (non tutti abitiamo a Milano), e soprattutto verso un'anima e uno spirito che a Milano dimoravano e oggi non ci sono più. Assolutamente privi di spirito nostalgico, però, anzi, cercando appunto di andare oltre quelle nevi, e di ricreare quella energia e quella forza vitale che sempre più si fa fatica a scorgere, viste anche le ultime mosse dell'amministrazione culturale, strategicamente impegnata ad annullare e reprimere gli spazi sociali e la possibilità di mettere in contatto umano le persone.

State già lavorando a qualcosa di nuovo? Quanto bisognerà aspettare prima di poter ascoltare del nuovo materiale?

Certo! E non solo: il prossimo disco, che uscirà a fine anno o all'inizio del 2012, non sarà un disco a nome Stardog, ma a nome Manuel Lieta. Infatti, in concomitanza, come dicevo più su, del decimo anno di esistenza del progetto Stardog, lo metto in pensione, per mettermi a nudo più apertamente, e anche per eliminare alcune ambiguità di percezione della mia e della nostra musica, legata appunto a un'anima cantautorale che non verrebbe percepita abbastanza se si continuasse a nome Stardog. Saranno comunque con me alcuni dei musicisti con cui da anni suono, ma il tutto avrà un suono e un connotato decisamente più scarno e dilatato, più brusco e diretto. Ho già pronte venti canzoni, su cui stiamo lavorando in questi giorni per sceglierne 11-12 da mettere nel disco, che andremo a registrare a maggio, sempre allo studio Frequenze di Monza.

Altri progetti a breve o lungo termine?

La cosa che mi preme di più in questo momento è dare vita a una serie di iniziative estemporanee, insieme a tutti i musicisti, ma non solo ai musicisti, milanesi, per esprimere la nostra contrarietà al giro di vite che l'amministrazione di Milano sta mettendo non solo ai locali, come dicevo prima, ma alla possibilità di esistenza di spazi di contatto umano. E' in atto un preciso tentativo di rendere questa città un dormitorio culturale e delle coscienze, per molti versi anche già portato a compimento, attraverso una serie di atti più o meno espliciti, e questo non deve assolutamente succedere. Prendendo spunto dall'incazzatura suscitata in tantissime persone dalla chiusura recente di alcuni storici locali, stiamo cercando di fare rete comune, per esprimere apertamente e non solo a parole la nostra intenzione di resistenza a questo stato di cose. Abbiamo bisogno di più persone possibili, e soprattutto che si parli di queste tematiche di continuo e non solo per i tre giorni successivi all'ondata emotiva che si verifica ogni volta che, sempre più frequentemente, questo o quelle realtà sociali vengono attaccate. Spero che si riesca, tutti assieme, a far sentire la nostra voce.

Grazie mille per la disponibilità e in bocca al lupo per tutto!


a voi!
 

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