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Intervista a Panta - a cura di Bugs!

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Ciao Panta, grazie per il tempo che ci stai dedicando. Allora, prendiamola alla larga. Com'è nata la tua passione per la musica? Leggo nella tua bio che sei praticamente cresciuto ascoltando ottima musica, in particolare quella dei Beatles e di Janis Joplin.

Sì, quelle sono state influenze più o meno ereditarie. I Beatles in particolare sono stati determinanti per me, sia musicalmente che nel farmi innamorare dell’Inghilterra. Un’altra passione determinante è stata quella per la letteratura, grazie a cui ho scoperto indirettamente di amare anche l’heavy metal (che spesso si ispira ai classici della letteratura horror e non solo). Da lì a fare i primi passi come musicista è stata solo questione di tempo.

Il passo successivo, ovvero quello di imparare a suonare uno strumento, quando l'hai fatto? Tra l'altro tu sei un polistrumentista, suoni praticamente tutto. Qual'è la tua formazione musicale?

Sono sostanzialmente autodidatta. Ho iniziato a strimpellare la chitarra a 13 anni, suonando, tanto per cambiare, prevalentemente cover dei Beatles. Una volta scopertomi batterista ho suonato esclusivamente in band metal per una decina d’anni, prima di dedicarmi anche al canto (che ho studiato per un anno). E da cinque anni suono anche il piano, sempre da autodidatta. Sia chiaro, tecnica e teoria sono importanti, ma se si suona solamente per spirito di emulazione, perché si vuole diventare bravi quanto Tizio o Caio, o aspirando ad essere, che so, il miglior bassista al mondo, ci si ritrova soltanto ottimi suonatori. Quella è una motivazione che può andar bene per i primi tempi secondo me. Io mi considero prima di tutto autore, scrivo canzoni perché mi è impossibile non farlo, poi suonare è una gradita conseguenza.

Oggi siamo qui per parlare del tuo primo album da solista vero e proprio, e lo faremo tra pochissimo, ma so che in passato hai fatto diverse esperienze in varie band (tra l'altro tuttora sei cantante in un gruppo heavy metal, gli Slain). Vuoi farci una breve cronistoria dei tuoi trascorsi come musicista?


Proverò ad essere breve… Ho iniziato coma batterista in una band con la quale, tra innumerevoli cambi di formazione, sono rimasto più o meno continuamente per 12 anni, i Cerebral. Con gli Slain invece canto dal 2004, e questo è al momento il mio impegno musicale principale. Ho partecipato per tre anni al Buskers Festival della mia città (Ferrara), con un duo acustico e proponendo, indovina un po’, cover dei Beatles. Oltre a qualche collaborazione sparsa dal vivo o in studio, per testi o musica, direi che è tutto qui.

In te convivono più anime quindi. Suoni e hai sempre suonato heavy metal ma il tuo disco, come vedremo, contiene molto altro. Le tue influenze musicali quali sono? Quali sono i tuoi punti di riferimento principali?

Credo come chiunque di venire influenzato da tutto ciò che ascolto, ma non mi rifaccio coscientemente a nessuno in particolare. Poi è chiaro che adorando i Beatles i brani a volte suonano un po’ anni ’60. Non è però una cosa che faccio di proposito, deriva semplicemente dai miei ascolti. Se metti molto sale in una torta è normale che sia salata! Alcuni accorgimenti, in particolare nelle scelte ritmiche, invece suonano probabilmente molto metal, e per quanto riguarda i testi e le rime c’è decisamente una volontaria impronta hip-hop, altro genere che adoro. Non vorrei che tutto questo parlare di Beatles desse l’impressione che non ascolto altro.

Parliamo di "Kaamosmasennus", il tuo primo album con la A maiuscola. Devo farti i complimenti perché si tratta veramente di un bel disco. Un disco tuo al 100%, nel senso che l'hai curato personalmente in tutto e per tutto partendo dalla composizione dei pezzi fino ad arrivare alla grafica e al packaging. Un disco a cui hai dedicato parecchio tempo e un sacco di energie immagino. Cosa rappresenta per te questo traguardo?

Ti ringrazio molto! Ci tengo però a precisare che, pur avendo scritto musica e testi e suonato quasi tutti gli strumenti, molto lavoro è stato fatto anche da altri, in particolare da Enrico Cipollini degli Underground Railroad (che avete recensito qui: http://www.andergraund.it/index.php?option=com_simple_review&Itemid=243&review=329-Underground-Railroad---Moving-the-Mountain), che ha impreziosito alcuni brani con i suoi assoli, e Gigi Battistini e Federico Viola che si sono occupati con me del mixaggio. Detto questo, il grande passo del primo vero e proprio album è stato una scelta quasi obbligata. Per poter dedicare tempo alle altre varie band, registro solitamente i miei lavori ad anni alterni, e questo mi porta a scrivere più di quanto riesca via via a registrare. Dopo 3 ep, con una media di 6 canzoni ciascuno, ho dovuto impegnarmi per ampliare la tracklist. Naturalmente questo “salto di quantità” comporta un impegno maggiore, e anche per questo ho deciso, una volta terminati i lavori, di stampare l’album in modo professionale invece di friggere il masterizzatore a suon di cd-r come in passato. Per fortuna a un impegno maggiore corrisponde una maggiore soddisfazione, quindi per ora ne è valsa decisamente la pena. Vedremo come andranno le vendite in futuro (contando anche sull’aiuto della piattaforma di iTunes, dove è possibile comprare l’album in formato digitale).

Parliamo un secondo del titolo. Cito: "Il titolo è una parola finlandese che indica la depressione iemale dovuta alla mancanza di luce, nel caso dei testi dell’album la luce della ragione e della conoscenza". Me lo puoi spiegare un po'? L'album musicalmente parlando mi sembra un disco tutt'altro che privo di luce...

Infatti hai ragione. Il titolo descrive, più che il contenuto musicale dell’album, l’ambiente sociale che ha ispirato buona parte dei suoi testi. Gli anni 2000 mi sembrano tutt’altro che l’idilliaco mondo di progresso che ci si aspettava anche solo vent’anni fa. Non è iniziata nessuna nuova era, e anzi a volte sembra di fare grossi passi indietro. L’album quindi in parte cerca di essere una riflessione sul questo “secondo illuminismo”, per così dire, che tarda decisamente ad arrivare. Mi riferisco in particolar modo alle convinzioni politiche o religiose della maggior parte di noi. L’album però, come ogni richiamo ad un cambiamento, non è come dici giustamente “privo di luce” ma cerca proprio di spingere verso di essa. Ho cercato insomma di unire orecchiabilità e testi che spingano a una riflessione. Tengo molto ai testi, e invito sempre chi acquista l’album a richiedermeli, visto che sul booklet non è stato possibile inserirli.

Hai registrato il disco tra Londra e l'Italia. E devo ammettere che una certa impronta british è evidente, in tutte le sue sfaccettature più caratteristiche. Ci sono pezzi di stampo un po' più indie rock, altri un po' più brit pop e altri in cui esce uno spirito più alternative. E' stata l'aria di Londra a far prendere al cd questa direzione o sei andato a Londra proprio perché sapevi esattamente quello che volevi e volevi renderlo al meglio?

Ti ringrazio perché “suonare british” per me è un complimento. All’epoca comunque abitavo a Londra, e ho voluto approfittarne per continuare il lavoro sull’album, che si stava già trascinando più del previsto. Registrare là è stata un’esperienza notevole, sia per l’atmosfera dello studio che per l’impronta musicale che ne è derivata. E una volta rientrato in Italia probabilmente l’eco del periodo inglese ha influito sul completamento dell’album anche nei mesi successivi. Ma forse un’influenza maggiore si inizierà a sentire sui prossimi lavori, dove compariranno i pezzi scritti in Inghilterra.

Parlando dell'impronta british del disco, come non notare che tutti i pezzi sono in inglese. Hai mai provato a scrivere qualcosa in italiano o ti viene più naturale scrivere in inglese? Pensi che l'italiano poco si adatti il tipo di musica che fai o in futuro non escludi di poter fare qualche esperimento in questa direzione?

Personalmente ritengo la scelta della lingua paragonabile a quella degli strumenti da utilizzare in un brano: la lingua è fatta di suoni, e cambiare lingua non è meno drastico a mio avviso che cambiare arrangiamento ad una canzone. Semplicemente trovo che l’inglese offra la gamma di suoni che meglio si adatta ai miei pezzi, e al rock in generale. Certo, si può cantare la stessa canzone in lingue diverse, ma dire che il risultato è lo stesso è una semplificazione superficiale. E poi in inglese si possono dire il doppio delle cose nello stesso tempo! Per ora cerco di evitare l’italiano anche perché, abituato a tanti anni di inglese, finirei per cantare come Mal. Però un giorno chissà…

Parlaci di come nasce la tua musica. Ci sono condizioni particolari in cui ti ritiri per creare o l'illuminazione ti può venire ovunque e in qualsiasi momento? Di cosa parlano i tuoi pezzi? Prendono il la da storie personali o da altro?


Per quanto riguarda la musica ora compongo raramente suonando. Suonando perfeziono gli arrangiamenti, ma le melodie nascono quasi sempre da sé: guidando, leggendo, e sempre più spesso dormendo. So che suona assurdo ma è così! I testi invece si dividono quasi equamente fra riflessioni autobiografiche e sociali. Come tutti scrivo anche canzoni d’amore, ma altrettanto spesso sono particolarmente polemico nei confronti della politica e della religione, come ti dicevo. Probabilmente fa parte del retaggio metal.

E il lavoro in studio come si svolge a grandi linee? Cambiano i pezzi in fase di registrazione rispetto alla prima stesura o entri in studio con le idee già molto chiare circa quello che vuoi?


Dipende: per alcune cose ho le idee da subito molto chiare e sono abbastanza intransigente nel cercare di ottenerle come le ho in testa. Per tutto il resto mi piace invece lasciare che il pezzo assuma la propria forma finale quasi da solo. Ad esempio è raro che mi formalizzi troppo nel cercare il suono di chitarra perfetto (e infatti non sono un chitarrista). Alla fin fine i suoni sono tutti belli. Mi piace lasciare qualcosa al caso, rende il lavoro in studio più sorprendente e dinamico. Per me poi il lavoro in studio è particolarmente sorprendente, visto che è lì che per la prima volta ho modo di ascoltare i pezzi nella loro forma completa.

"Kaamosmasennus" è il tuo primo album, ma alle spalle avevi già tre demo, “The Pantagram”, “The Philosopher’s Stoned” e “Coup de Foutre”. Rispetto a questi precedenti lavori quali sono le differenze e quali invece i punti di contatto? Come si evoluta la tua musica nel corso degli anni?

Il primo ep è stato in sostanza un esperimento. Non avevo né le conoscenze né le capacità per gestire tutto da solo, ma provarci comunque mi ha insegnato molto. I due lavori successivi infatti sono stati anche registrati e mixati da me, e direi che tutti e quattro i titoli mostrano un certo livello di crescita, sia nella qualità dei brani che dell’esecuzione. Se così non fosse in effetti non avrebbe senso per me continuare. In ogni disco cerco comunque di raccogliere canzoni eterogenee ma con un filo conduttore, nei testi ma anche nella musica, che possa dare l’idea di un’opera coerente e unitaria. Nel disco precedente ho raccolto solo canzoni d’amore, mentre questa volta ho voluto unire riflessioni sul singolo e sulla società.

Anche "Kaamosmasennus", come i precedenti lavori, è un disco autoprodotto. Si tratta di una semplice necessità o è una precisa scelta di libertà artistica. O entrambe le cose?

Dire che non mi piacerebbe avere alle spalle un’etichetta sarebbe una follia, e una grossa balla. Però trovo che per un progetto come il mio l’autoproduzione abbia perfettamente senso. Non tanto per il controllo diretto sulla musica o sulle vendite, ma perché il senso del progetto è proprio quello, in sostanza, del fai-da-te. Forse però sono come la volpe con l’uva! La vera libertà artistica credo comunque che mi venga dal fatto stesso di non essere in una band. In questo modo posso arrangiare e realizzare ogni brano come meglio gli si confà, senza dover accontentare, per esempio, il chitarrista che vuole fare un assolo, e senza essere limitato dalla formazione, dalla strumentazione e dalle capacità della specifica band. Così posso concentrarmi sullo sviluppo delle potenzialità del brano.

Leggo che, per la prima volta, farai delle date per promuovere il disco. Come mai prima d'ora non avevi mai portato dal vivo la tua musica?


In parte per impegni con le altre band, in parte perché il progetto è nato come side project da studio e fare date non era previsto. Ora però credo di avere un prodotto che merita di essere promosso in ogni modo possibile, e la motivazione principale in effetti mi viene da questo, benché il tempo che ho a disposizione rispetto ai primi demo non sia certo aumentato.

C'è già qualche data che puoi comunicarci? E come ti organizzerai per il tour? Sarai affiancato da una band?


Il tour, per usare un termine più grande del necessario, sarebbe dovuto partire il 12 di questo mese a Londra. Purtroppo per problemi organizzativi ciò non è successo, quindi il tutto è rimandato ai prossimi mesi. Non ho ancora date precise da comunicarti, ma conto di partire entro la primavera. Non sarò affiancato da una band, almeno per ora, ma proporrò i pezzi in versione acustica, solo con chitarra, armonica e percussioni. Poi in un futuro non si sa mai!

Com'è in generale lo stato della musica dal vivo in Italia? Molti artisti con cui abbiamo parlato in passato ci hanno dipinto un quadro non molto roseo della situazione. Ci sono spazi adeguati e sufficienti? Ci sono abbastanza occasioni che consentano ai musicisti di potersi esibire e farsi conoscere?

Il problema cruciale in Italia credo che sia la scarsa continuità fra l’underground e il mainstream. Chi diventa famoso oggi (e spesso già domani è tornato al mittente) sempre più spesso non lo fa venendo dalla cosiddetta gavetta, ma prendendo la strada televisiva. Quindi ci ritroviamo con molte comete ma nessuna stella vera, e molti (sarò generoso) bravi interpreti, ma pochi autori decenti. Questo ha svariate conseguenze, ad esempio che l’ascoltatore medio si abitua a fruire musica dal divano anziché dalla sedia di un locale, i locali investono sempre meno nella musica dal vivo, e a noi tocca fare due ore di macchina per trovare un pub disponibile.

Altri progetti a breve e lungo termine?


Quest’anno se tutto va bene usciranno dai 2 ai 4 ep di band con cui suono o ho suonato di recente. Il primo sarà il debutto dei Lovemongers, gruppo funk-metal con cui entrerò in studio fra poche settimane come batterista e cantante. Dopo l’estate, indicativamente, dovrebbe poi finalmente vedere la luce il secondo lavoro degli Slain, un mini-cd che costituisce la prima parte di un concept a cui stiamo lavorando ormai da anni. Per quanto riguarda le altre uscite per ora non mi sbilancio, ma vi terrò informati! E naturalmente continuo a comporre nuovo materiale per i miei album da solo: ho già scritto quasi per intero il prossimo e conto di completare la pre-produzione con calma entro l’anno, per poi entrare in studio e terminare tutto nel 2012. Come dicono gli americani, sarò più impegnato di un uomo con un braccio solo in una gara di sberle!

Grazie mille per il tempo che ci hai dedicato e un grosso in bocca al lupo per tutto!


Grazie a voi di nuovo! Alla prossima!
 

Panta

Panta