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Intervista agli Albedo - a cura di Bugs!

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Ciao Albedo. Grazie mille per aver accettato di fare quattro chiacchere con noi. Per cominciare vi chiediamo di raccontarci brevemente di voi. Come e quando si è formato il gruppo? Come vi siete incontrati, quando è maturata la decisione di suonare insieme, e si tratta della prima esperienza in una band o avevate altre esperienze alle spalle.

GA: Veniamo tutti da altre esperienze, chi ha condiviso la stessa band, chi la stessa scena e chi solo gli ascolti. E’ buffo come tempo fa si parlasse molto di “scena” nei nostri ambienti, la scena punk rock, la scena hard core, era bello identificarsi in qualcosa di molto elitario. Poi sono arrivate le boy band e gli pseudi artisti costruiti nei format televisivi e noi come espediente ci siamo chiusi in sala prove a cercare di somatizzare questo disagio.
LUCA: Ci siamo incontrati un po’ per caso. Rui e RF avevano suonato insieme in un’altra band che poi si è sciolta, hanno cercato di continuare con altri musicisti ma la cosa non funzionava, poi è arrivato Ga ed il progetto ha cominciato a prendere corpo e infine sono arrivato io. Suoniamo da tanti anni e ognuno di noi ha avuto esperienze musicali diverse, anche con band che suonavano tutt’altro.

Leggo nella vostra bio: "Gli Albedo sono quattro anime che si trascinano senza aspettativa alcuna nella scena indipendente di Milano. Come altri prima di loro, si spaccano le braccia in una cantina troppo fredda d’inverno e troppo calda d’estate". E' così difficile oggi come oggi cercare di proporre qualcosa di un po' diverso?

GA: Non focalizziamo il nostro fare musica come una volontà di proporre qualcosa di diverso, per lo meno non è il nostro obiettivo. Probabilmente l’aver trascorso parecchio tempo in sala prove ha solo consolidato la fluidità con cui con la musica riusciamo a comunicare tra di noi e di rimando anche con l’esterno. Per quanto riguarda le aspettative, bè succede che una mattina ti svegli e invece di essere contento di vedere che ti cresce la barba e i peli sul petto, pensi che forse diventare grandi non è proprio come t’immaginavi, i sogni diminuiscono e si legano sempre più alle piccole cose e noi abbiamo la barba sempre più lunga.

Radio, tv e stampa specializzata di sicuro non danno una mano. C'è un sistema con non valorizza minimamente le realtà emergenti e la musica alternativa. Come mai secondo voi nessuno è disposto a correre il rischio di puntare su qualcosa di nuovo.

RF: I soldi che dovrebbero essere investiti per gli Albedo vengono investiti per fare il sesto greatest hits dei Pooh.Il che dovrebbe costituire reato penale. Da una parte la discografia sa che noi o chi per noi non ha un pubblico perché non esiste una cultura musicale in Italia,dall’altra gli artisti che oggi si propongono di fare qualcosa di diverso finiscono spessissimo per fare qualcosa di troppo diverso e a crogiolarsi nelle loro giacchette strette e l’aria da intellettuali alle spese di un pubblico che sarebbe anche disposto ad ascoltarli.

Nonostante tutto però negli ultimi anni abbiamo una scena alternativa italiana in gran fermento. Ci sono un sacco di band interessanti che si possono conoscere andando a cercare un po' su internet o girando per i locali. Vuol dire che la gente che ama fare musica non si lascia scoraggiare da questa situazione poco favorevole?

RF: Non sono d’accordo sulla prima parte. La scena è tutta una scena. I maggiori siti che spingono musica interessante non portano purtroppo da nessuna parte. Onore al merito loro e tuo e di chi ci prova,dico io. Inoltre guarda a me sembra che di tutte le realtà esistenti,e sono tantissime,ne siano emerse veramente poche. Questo perché non tutti meritano le aspettative che i forum creano e fomentano e soprattutto perché,ripeto,il pubblico che in Italia può apprezzare una certa idea di musica è largo quanto uno sputo e non ci può mantenere tutti quanti. Una soluzione:rubare il pubblico di qualcun altro.

Ho appena citato internet. Per fortuna esistono strumenti come myspace o facebook che negli ultimi anni hanno cambiato un po' il modo di ascoltare e vivere la musica. Adesso non si dipende più solo dalle scelte arbitrarie delle radio, ma chi è veramente interessato può andare a cercarsi in tutta libertà la musica che più gli piace. Concordate? Qual è il vostro rapporto con la tecnologia?


RF: Totale per quello che riguarda la nostra attività di band. Abbiamo oggi la possibilità di condividere cultura musicale a costi bassissimi o addirittura gratis. In generale invece gli editori (che possiedono una parte delle edizioni dei brani degli artisti) e le case discografiche(che ne possiedono un’altra parte) cercano di ostacolare questo fenomeno che li potrebbe inibire dal continuare a propinarci merda su merda. Naturalmente tutti fanno scudo difendendo i diritti d’autore del singolo artista. Ma degli artisti non gliene è mai fregato niente. Il fatto è che le edizioni musicali costituiscono la parte più grossa del business musicale.

E in quanto alla situazione della musica dal vivo come siamo messi? Penso che per una band quello del live sia un momento di crescita e di contatto col pubblico unico e insostituibile. Ci sono spazi adeguati e sufficienti per suonare e farsi conoscere?

RF: I posti ci sono,forse inadeguati,ma ci sono. Il problema è che sono vuoti. Fa molto più cool dire che vai a sentire un dj svedese. Paghiamo anche noi lo scotto di vivere di apparenze. Rimane comunque l’unica attività di cui gli artisti potrebbero cibarsi. Uso il condizionale perché i locali non pagano artisti che non portano gente. E quindi chiamano i dj svedesi.

Veniamo al disco. "Il Male", uscito da qualche mese, è il vostro primo album. Volete dirci qualcosa a ruota libera su questo album?


GA: Vuoi che parliamo a ruota libera de IL MALE? Sarai mica masochista? Vizioso!
RUI: E’ un disco che descrive la vita tipo di quel tipo di persone che non hanno una vito tipo. Ovvero la maggior parte delle persone che conosciamo: lavori che non soddisfano, programmi televisivi che irritano, rapporti che si trascinano, speranze che si spengono. Una cruda analisi delle nostre giornate, delle nostre settimane, delle nostre vite. Anche se in fondo emerge una discreta e flebile fierezza, un a sorta di “nonostante tutto ce la faccio” che rende il tutto più sopportabile.

Si tratta di dieci pezzi che ritraggono in maniera lucida e critica la società in cui viviamo. E non ne esce un ritratto molto positivo. Del resto che non stiamo passando un bel periodo è sotto gli occhi di tutti. Ma è così nera la situazione? Non intravedete qualche spiraglio di luce in fondo al tunnel?

RF: Rubo una farse dei Perturbazione: “La luce in fondo al tunnel è un tir in contromano”
RUI: La salvezza non è nell’illusione di cambiare le cose, ma di imparare a vivere il nostro tempo, con le contraddizioni e le controindicazioni che lo caratterizzano. Ti giuro che avrei preferito avere una barba lunghissima, suonare a Woodstock una canzone sui fiori e poi praticare sesso libero per il resto della giornata, ma qui, adesso, ora non è la stessa cosa.

Tra i pezzi, uno di quelli che mi ha colpito particolarmente è "A farmi intervistare", un pezzo piuttosto forte che vuole essere una dura critica al mondo della stampa e della televisione del dolore. Un argomento quanto mai attuale...

RUI: Lo abbiamo scritto quasi un anno fa, quindi gli avvenimenti dell’ultimo periodo hanno dato ancora più senso al brano. Si lega a quel che dicevamo prima, questo è il nostro mondo, questo è ciò di cui la gente parla. Noi guardiamo e scriviamo.

Come avete lavorato sui pezzi contenuti nel disco? Qual è l'apporto di ognuno alla stesura della musica e dei testi? Mentre il lavoro in studio come si svolge? Cambiano molto i pezzi dalla prima versione a quella definitiva?


RUI: RF scrive i testi, io magari gli giro degli scritti nati nelle mie sere tristi e ubriache, che poi lui taglia e rende frasi di canzoni. Devo dire però che la sua scrittura rappresenta tutti e 4. Per “Il Male” i testi hanno dato una direzione decisa alla musica ed alla forma canzone, indicando il colore delle note scelte, il mood e la forma delle ritmiche. Non avendo tantissimo tempo in studio, abbiamo lavorato più sui suoni che sugli arrangiamenti, quindi i pezzi sono rimasti simili a quanto avevamo composto.

C'è qualche traccia rimasta fuori dalla tracklist definitiva? Nel caso com'è avvenuta la scelta dei pezzi da inserire?

RUI: Nessuna esclusione, nell’album ci sono i pezzi che costituiscono il concept. Abbiamo altro nel repertorio, ma non era cià che volevamo dire in quest’occasione.

"Il Male" è un disco autoprodotto. Scelta obbligata o necessità di totale libertà artistica? Vantaggi e svantaggi dell'autoproduzione.

RUI: Savntaggio n°1: i costi. Tutti a nostro carico. La libertà artistica viene dopo la personalità, quindi ci siamo più preoccupati della seconda che della prima. L’esperienza però ci ha insegnato che uno sguardo da fuori può completare ancora di più un concetto forte, quindi abbiamo scelto di lavorare con Fabrizio Chiapello al Transeuropa di Torino: ha registrato le sessioni e mixato l’album, e per noi è stato fondamentale per dare una visione d’insieme che magari da soli non saremmo stati in grado di ottenere.

Anche la cover del disco è parecchio d'impatto. Com'è nata l'idea?

GA: Il MALE è un concept album a tutto tondo, niente è lasciato al caso. La copertina riprende concetti trattati all’interno del disco e ascoltando le canzoni si possono trovare diverse analogie con la scelta delle grafiche e del packaging. La scelta del formato Dvd, a scapito del classico Cd, per esempio, vuole banalmente riprendere il concetto di film, nel disco ci raccontiamo e vi raccontiamo; così le cartoline all’interno del box spiegano il trailer delle nostre vite. Ma non voglio approfondire l’argomento altrimenti vi tolgo l’eccitazione nello scovare i segreti del disco!

Progetti a breve e lungo termine?

GA: a inizio 2011 abbiamo qualche live in programma tra cui un paio di unplugged che c’incuriosiscono parecchio per la possibilità di sperimentare nuovi arrangiamenti. Naturalmente prediligiamo le esibizioni in elettrico e l’anno prossimo ci saranno diverse occasioni per venirci a vedere, anche fuori dalla provincia di Milano. Naturalmente stiamo già lavorando a nuovi pezzi perché chi si ferma è perduto. Così mi diceva mio padre. Anche se ormai Pollicino ha smarrito la strada da troppo tempo.

Ragazzi, grazie mille per la disponibilità e in bocca al lupo per il disco.

RUI: Crepi!
E grazie a voi che avete ancora voglia di scoprire.
 

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