Intervista ai Vishu Flama - a cura di Bugs!

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Ciao e grazie mille per aver accettato il nostro invito. Per cominciare raccontateci di voi. Come e quando si è formato il gruppo? Come vi siete incontrati e quando è maturata la decisione di suonare insieme?

Martino: Ci conosciamo da molti anni, viviamo tutti nel raggio di 2-3 km, ma è stato all’inizio del 2007 che con Matteo ed Emmanuele abbiamo cominciato a suonare in maniera organizzata.
Matteo: Io e Martino abbiamo selezionato le migliori canzoni che avevamo scritto ed abbiamo iniziato a lavorarci su con l'esplicito obiettivo di inciderle. Il cerchio si è chiuso quando Nicola ha ceduto alla nostra corte e ci ha detto di sì. (risate) Avevamo il miglior batterista della zona!

Quali gruppi sono stati importanti per la vostra crescita musicale e personale o ai quali vi sentite più vicini come modo di suonare? Avete più o meno gli stessi punti di riferimento oppure avete influenze diverse? E nel caso, come riescono a conciliarsi?

Matteo: Abbiamo influenze in parte simili, in parte no. Beatles e Pink Floyd mettono tutti d'accordo.
Martino: Suoniamo insieme e ci divertiamo a trovare il “massimo comune denominatore”. Ogni volta non sappiamo come andrà a finire! Chi ha composto la canzone ha comunque l'ultima parola sulla realizzazione del pezzo.
Matteo: Io ero attratto dai dischi e li compravo fin da bambino. La musica per me è sempre stato un paese delle meraviglie, da esplorare. Quando hanno ucciso John Lennon ho pianto disperato per giorni: avevo nove anni ed ero (e sono) totalmente immerso nei Beatles. Il mio idolo era Paul. Poi una delle poche fortune di un teenager negli anni '80 sono stati i migliori dischi di Prince. I Led Zeppelin mi hanno causato un'infermità psichica permanente. (risate)
Martino: Sì, Teo è vagamente ossessionato dai Led Zeppelin! Io da piccolo pescavo dalla collezione di dischi di mio papà e stavo assorto per ore a osservare le copertine. Sono cresciuto in una casa con tanta musica di tutti i generi, una gran fortuna. Il primo suono di elettrica di cui io abbia ricordi, avrò avuto uno o due anni, è l’attacco di Jorma Kaukonen dei Jefferson Airplane su We can be together. Quel suono mi ha per sempre disassato. Grazie Jorma! Via via crescendo un vortice di artisti, troppi per nominarli. Cito solo Rory Gallagher e Kevin Shields, di cui secondo me non si scrive abbastanza. Da qualche anno in qua ascolto quasi solo musica afro-americana anni ’60-’70, un sound che ho sempre amato ma che mi è esploso dentro dopo due anni vissuti in Etiopia. Jimi Hendrix, Band of Gypsies, Marvin Gaye, B.B. King, James Brown, Parliament- Funkadelic, Sly & the Family Stone, Al Green, … Nella musica afro-americana trovo una purezza che non trovo da nessuna parte. È la terra, è la vita che chiama, e non ci sono barriere, non ci sono difese. Vedo Dr Funkenstein e Bootsy scendere dall’astronave. A volte faccio suoni di wah anche mentre mi lavo i denti! (risate)
Emmanuele: Io mi sono avvicinato alla musica a metà degli anni ’80: Nick Kershaw, Howard Jones. Poi Michael Jackson (qualche canzone, non ero un fan), musica folk sudamericana (sono nato in Brasile). Poi Dire Straits e soprattutto Pink Floyd, di cui suonavo le canzoni con la chitarra. Ai Pink ho dedicato anni intensi, volevo scoprire ogni aspetto tecnico e psicologico (alè!) che mi permettesse di avvicinarmi a quei suoni. Negli anni ‘90 ascoltavo soprattutto Pearl Jam e Stone Temple Pilots. Della scena italiana ricordo Estra, Afterhours, Karma. In mezzo, Eagles, Toto, e Jeff Buckley, che per me è riuscito meglio di chiunque altro a sposare voce e chitarra. Poi tanto rock indipendente e a ritroso classici ’70 e ’80. Ho avuto un periodo metal negli anni 2000 (Metallica, Tool); un sound meno romantico che ha arricchito il mio bagaglio di tecnica chitarristica.
Nicola: …Allora… I miei artisti preferiti, quelli che mi hanno aiutato a crescere musicalmente sono… (risate) … Allora Chuck Mangione. … Maceo Parker … E dopo ci metterei Fabrizio De Andrè, mi piace tanto... …Come non menzionare Lucio Dalla! …E … Basta, dai, a posto. …No dai… i Led Zeppelin…
Martino: Che leccata! (risate)
Nicola: Infatti, Led Zeppelin no (risate)
Matteo: Infatti. I giovani di oggi non studiano! 10 ascolti ripetuti di Custard Pie, 10 di Wanton Song e 10 di Sick Again per penitenza! (risate)

Cosa ne pensate di MySpace e di strumenti simili, che consentono di arrivare direttamente al pubblico senza troppi intermediari, e perché no, magari anche di farsi notare dai discografici e dagli addetti ai lavori, in maniera più veloce e diretta rispetto a quanto succedeva in passato? E' uno strumento prezioso per i giovani musicisti che vogliono farsi conoscere...

Martino: Siamo assolutamente favorevoli! Con diverse persone che ci stanno sostenendo siamo venuti a contatto attraverso MySpace. È gente che non abbiamo mai avuto il piacere di incontrare, ma che ringraziamo. Facebook invece non ci piace, troppi gadget inutili, troppo tempo perso. A quel punto esci e vediti sul serio con qualcuno.

Allarghiamo il discorso alla tecnologia in generale. Voi cosa ne pensate? E' una grande risorsa, un danno per la musica, uno strumento prezioso usato talvolta nella maniera sbagliata..?

Martino: Non siamo fanatici delle apparecchiature "vintage" (una delle espressioni che più odio insieme a “quant’altro” e l’abuso della parola “importante”) ma nemmeno dell'ultima novità.
Matteo: La tecnologia è per definizione destinata a superare se stessa e rincorrerla spasmodicamente non ha senso. Al primo posto noi mettiamo la creatività; la tecnologia è funzionale ad assecondare le idee. Nei suoi aspetti deleteri è come la panna in cucina: copre il gusto e la mancanza di idee. Usata con giudizio invece una grande risorsa; permette di realizzare i progetti con qualità soddisfacente, a costi contenuti e in tempi accettabili. La smaterializzazione della musica permette una circolazione delle idee molto più rapida rispetto al passato. Certo, adesso che possiamo avere con noi in tasca tutti gli album del mondo, nessuno li compra più e tante volte la musica sembra software, una botta di giga.

Dicevamo che MySpace aiuta ad arrivare al pubblico in maniera un po' più diretta, ed è una gran cosa visto che i mezzi di comunicazione, radio, tv e carta stampata sembrano non dedicare grossi spazi alla musica indipendente e alternativa. Tendenzialmente forse tendiamo ad essere anche un po' troppo esterofili, mentre ci sono in Italia un sacco di realtà altrettanto valide che forse meriterebbero più attenzione. La vostra opinione in merito?


Matteo: È un discorso lungo. Per quanto riguarda l'attenzione alle realtà indipendenti piuttosto che straniere, noi pensiamo che ciò che conta sia la qualità della proposta. C'è un pubblico per tutto. L'esterofilia, almeno per quanto attiene la musica cosiddetta leggera, in Italia ha origine con i “victory records” che gli Alleati portavano con sé. Credo che adesso in Italia ci sia una moltitudine di gruppi e ragazzi che suona benissimo.

Oggi come oggi quanto conta e quanto costa essere indipendenti? Vantaggi e svantaggi.


Matteo: Essere indipendenti è gratis (risate). O quasi: fare un disco può non costare molto. Se un artista è controllato è perché gli va bene così. Vista la qualità media delle proposte musicali mainstream, è paradossalmente controproducente stare con una major. (risate) Sarebbe stato bello contrattare con Ahmet Ertegun! (risate)

Dopo questa interessante chiaccherata veniamo all'argomento più importante. E' uscito da poco "Vishu Flama", il vostro primo album. Ce ne volete parlare un po'?

Matteo: È un lavoro del quale siamo molto soddisfatti e vorremmo veramente condividere le nostre canzoni col maggior numero possibile di persone!

So che è come chiedere ad un genitore quale sia il suo figlio preferito, però c'è qualche pezzo di cui vi sentite particolarmente orgogliosi e soddisfatti di come è uscito?

Matteo: Personalmente sono molto contento di Luoghi della memoria, Qualcosa tra noi e A tu per tu. Ma in generale mi piace come sono state realizzate le canzoni, con l'aiuto del gruppo.
Martino: Per me il pezzo musicalmente meglio riuscito è A tu per tu. E mi piacciono molto le soluzioni vocali che abbiamo trovato su Scudi e La strada verso casa.
Emmanuele: Luoghi della memoria è il pezzo che nell’insieme per me è riuscito meglio. Nicola: A me piacciono soprattutto Aliceye e Scudi. In Scudi le voci di Martino ed Emmanuele sono riuscite particolarmente bene!

E invece ci sono delle canzoni che sono rimaste nel cassetto? Ed eventualmente con quale criterio avete scelto le canzoni da inserire nel disco?

Matteo: Fortunatamente il nostro cassetto è pieno. Ad oggi abbiamo una trentina di canzoni da realizzare, tanto che tra qualche settimana andremo in studio ad incidere il secondo album. Nel primo abbiamo inserito semplicemente i pezzi su cui abbiamo lavorato di più e che ritenevamo pronti.

Raccontateci come lavorate sui vostri pezzi? Come nasce un'idea e come la sviluppate? Si tratta di un lavoro di squadra o c'è qualcuno in particolare che si dedica alla scrittura?

Matteo: Nel mio caso, credo nella spontaneità. Non faccio niente a tavolino. A volte prendo in mano la chitarra e aspetto che arrivi qualcosa. Un po' come gettare l'amo. A volte una melodia, un verso, perfino un testo intero, nascono spontaneamente, dove e quando capita. Quando ho una canzone nuova, la presento al resto del gruppo, che la sottopone alla "cura Vishu Flama". Il metodo? I Vishu Flama sono un gruppo fondato sulla gerarchia e sulla censura! (risate)
Martino: L’ispirazione arriva quando vuole e bisogna catturarla al volo! Ci sono canzoni che in cinque minuti sono pronte e altre che nascono dalla fusione di diverse idee. Io e Matteo scriviamo le canzoni, ciascuno le proprie, ogni tanto qualcuna insieme. Ci si aiuta e controlla a vicenda: se un brano supera l'autocensura, non è però detto che sopravviva al confronto con l'altro.
Matteo: Poi i pezzi degni vengono fatti sentire alla sezione ritmica: Emmanuele e Nicola sono i veri musicisti della band e ci aiutano a trarre fuori dai brani la loro piena potenzialità.
Martino: Manu è decisivo per lo sviluppo di molte linee vocali delle mie canzoni.

Il lavoro in studio per preparare un nuovo disco, a grandi linee, come si svolge? Cambiano molto i vostri brani tra la prima stesura e la versione definitiva?

Matteo: Cerchiamo di arrivare in studio con le idee più chiare possibili in modo da starci dentro poco, anche se è sempre bello stare in studio ed è la mia dimensione. Questo ha vari vantaggi: si risparmiano soldi e soprattutto non si vive nell'incertezza di cosa fare o non fare, di cosa sia meglio mettere o togliere.
Martino: Le lusinghe della tecnologia di cui parlavamo prima… In ogni caso il nostro produttore Fabio Serra è preparatissimo. Ha il grande merito di aver capito al volo le nostre esigenze, assecondando le nostre idee.
Matteo: Tendiamo ad incidere un'unica versione dei brani. Questo sarà un problema più avanti, perché non avremo outtakes per il disco di rarità e per la versione deluxe rimasterizzata del primo album... (risate) A parte gli scherzi, il grosso del lavoro sui brani viene fatto prima di entrare in studio: alcuni pezzi sono cambiati parecchio rispetto alla prima stesura, altri sono rimasti quasi uguali.

Com'è la "convivenza" nella band? Non sarà sempre facile essere d'accordo su tutto...


Matteo: Non serve essere d'accordo su tutto, le cose possono essere molto semplici o molto difficili, conta l'intelligenza delle persone. L'amicizia facilita i rapporti! Devo dire che Emmanuele è la persona più gentile e disponibile che conosca. Mette il suo talento e il suo gusto a nostra completa disposizione. La stessa cosa vale per Nicola, che era già un batterista piuttosto stimato per conto suo. Vedere la nostra sala macchine interagire e discutere sulle nostre idee è una gioia per gli occhi e le orecchie!

Molti gruppi snobbano l'italiano perché lo ritengono una lingua che poco si adatta al genere rock. Voi a quanto pare ci riuscite a scrivere in italiano, e a mio modo di vedere anche con ottimi risultati; quindi non è una cosa impossibile...

Matteo: Onestamente ritengo che l'unica vera lingua adatta al rock sia l'inglese. Per ragioni metriche e perché a noi non-madrelingua-inglesi suona oscuro, esotico, …In una parola: figo. Semanticamente va bene tutto, nel rock i non-sense e i cut-up abbondano. Il rock non è nato come espressione della nostra cultura, ma è così bello che ci ha conquistati. Ciò che conta credo sia l'effetto complessivo di musica e voce, e le parole inglesi possono essere usate anche solo per il semplice suono che hanno. A volte non è proprio possibile prendere sul serio i testi, a meno che manchi il senso del ridicolo. Si va dalla poetica del "Baby, dammela dammela" a Re Artù, Mago Merlino e il Signore degli Tenebre! (risate) Noi abbiamo scelto l’italiano per farci capire, per permettere a chi ascolta le nostre canzoni di potersele canticchiare.
Martino: Ed anche per infilarci qualche strofa di versi ben riusciti, dai! Siamo convinti che le parole contino ancora, e che l’italiano sia una bellissima lingua per esprimere poesia. Vogliamo che a colpire siano sia la musica sia le parole.
Matteo: Io penso che il rock, anche nelle sue forme più “gravi”, non vada mai preso troppo sul serio. Proprio per questo nei nostri testi ci divertiamo a giocare, senza sterzare sul demenziale. Anche se la tentazione c’è, visto che la deficienza nel gruppo non manca. (risate)

Mi è piaciuto e mi ha incuriosito molto anche l'artwork del disco. Ce ne volete parlare? Com'è nata l'idea? Vi occupate voi in prima persona anche di questo o c'è qualcuno che vi dà una mano e nel caso quanto pesa il vostro apporto?

Matteo: Grazie per il complimento, ci fa piacere che ti sia piaciuto il progetto grafico! Abbiamo fatto tutto da soli e fondamentale è stato Emmanuele, che è un grafico. Mi assumo la responsabilità della copertina; ognuno ci veda quel che vuole, va bene tutto. Ci abbiamo messo lo stesso impegno che abbiamo impiegato per registrare il disco, e decisamente più tempo. Ciascuno di noi ha portato immagini e idee. Non ricordo chi sia andato nello spazio a fare la foto. (risate)

Concludendo, qual è secondo voi, il vero punto di forza di questo disco?


Matteo: Le canzoni. E la foto di Emmanuele nel libretto interno. (risate)

Aspettative, sogni nel cassetto e progetti per il futuro?

Matteo: Noi facciamo musica per passione e stiamo davvero bene quando suoniamo insieme. Uno dei pochi momenti in cui non te ne frega niente di niente e provi un senso di leggerezza.
Martino: Crediamo che questo disco abbia ottime potenzialità. Vogliamo continuare a fare musica che duri nel tempo!

Ragazzi, grazie ancora per la disponibilità e in bocca al lupo per tutto!


Tutti: Grazie a voi, a presto!