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Le Jazz Hot

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Il jazz non è un genere alla portata di pochi come in molti tendono a pensare... Abbiamo parlato di questo (e di tanto altro) con Lorenzo, Annalisa e Riccardo, giovanissimi musicisti di manouche, un tipo di jazz di origine europea. Da non perdere!

In tanti anni che andergraund è online ci siamo occupati di un sacco di artisti differenti e abbiamo raccontato di stili e generi anche piuttosto antitetici tra loro. Ma mai fino ad oggi ci era capitato di parlare approfonditamente di jazz. Non per scelta ovviamente, ma perchè semplicemente non ne avevamo mai avuto l'opportunità. Il jazz viene guardato da molti con un po' di diffidenza perchè effettivamente può sembrare un genere un po'impegnativo e non proprio alla portata di tutti. Sbagliato, non è così. Si tratta di un pregiudizio che molto volentieri contribuiamo a sfatare, anche grazie all'aiuto di tre amici, Lorenzo Rovito, Annalisa De Martino e Riccardo Ievoli, ovvero Le Jazz Hot, che si sono sottoposti con grande disponibilità e simpatia a una serie di domande che ho posto loro da completo profano. Nel corso di questa interessante intervista abbiamo parlato ovviamente del loro progetto, ma anche di jazz in generale, sperando di riuscire a far avvicinare o anche solo di instillare un po' di curiosità sul genere anche a chi, come me, non ha mai avuto fino ad oggi l'occasione di avvicinarvisi.
Due parole sul gruppo: il progetto Le Jazz Hot nasce nell’estate del 2012 da un’idea di Lorenzo Rovito, chitarrista jazz dall’età di 8 anni, enfant prodige della chitarra gipsy cresciuto con il mito di Django Reinhardt, e Annalisa De Martino (aka Liz Martin), cantante polistrumentista compositrice, ex-pianista classica votata da diverso tempo alla chitarra blues. Riccardo Ievoli, cellista del conservatorio San Pietro a Majella e bassista elettrico, trova nel contrabbasso una nuova passione, entrando a far parte del gruppo solo a settembre.
Il giovane trio manouche, pur essendo un’ensamble di recente formazione, ha già all’attivo diversi live. A dicembre la band viene selezionata da Max Puglia nell’ambito di Emerjazz, partecipando al Bagnoli Power Jazz Festival e dividendo il palco con jazzisti affermati del calibro di Pietro Condorelli, Leonardo de Lorenzo e Giulio Martino.
Bene, io non mi dilungo oltre, vi lascio all'intervista col gruppo e come sempre vi dò appuntamento alla prossima!


Ciao ragazzi, benvenuti su andergraund! E' la prima volta che intervistiamo una jazz band quindi ho un sacco di curiosità, e scusatemi se le domande a volte potranno sembrare un po' ingenue, però penso che possa anche essere un buon modo per raccontare questa realtà a chi, come me, la conosce poco.

Allora, innanzitutto parlateci di voi. Raccontateci chi siete, come e quando vi siete conosciuti e come è maturata la decisione di suonare insieme.

Ci siamo conosciuti qualche anno fa frequentando una sala prove, tramite amici comuni. Nell’estate del 2012 io (Liz) e Lorenzo ogni tanto andavamo nei parchi a suonare per rilassarci e visto l’interesse dei curiosi che si radunavano intorno abbiamo deciso di dare concretezza alla cosa, cercando un contrabbassista per rinforzare la sezione ritmica. Dopo alcuni tentativi con musicisti locali, a settembre abbiamo chiesto a Ric di unirsi a noi. Si è subito creato quel feeling che puoi avere solo suonando con un amico. Lorenzo e Riccardo suonano anche insieme nel gruppo blues Central Vowel Addiction.

Voi siete molto giovani, il jazz fa parte della vostra vita fin da quando eravate piccoli, oppure è una passione nata in età più matura? E come si avvicina un ragazzo al jazz? Non di certo ascoltando la radio o guardando Mtv immagino...

Non siamo certo dei puristi del genere! Ci teniamo sempre informati su tutta la musica e abbiamo in cantiere o nel nostro passato anche progetti musicali molto distanti da Le Jazz Hot. Certamente il jazz è come il vino, più si cresce, più si riesce ad apprezzarlo. Chi vive di musica e ha larghe vedute è facile che inizi ad amarlo ad un certo punto della propria vita. Interessarsi da ragazzini invece non è comune. A volte dipende dai casi della vita, come la musica che ascoltano i tuoi genitori o un particolare film visto. Ad esempio Lorenzo (che è il vero appassionato di jazz) si è avvicinato a questo genere da bambino giocando al videogame Mafia, ambientato negli anni ’30 e con una colonna sonora swing. Liz e Riccardo hanno iniziato come strumentisti classici (Liz il piano, Riccardo ancora oggi studia violoncello al conservatorio), poi sono diventati rispettivamente chitarrista e bassista sempre con approccio autodidatta.

La maggior parte dei musicisti che suonano nelle rock band che abbiamo conosciuto finora sono autodidatti. Il jazz sicuramente è più tecnico da suonare. C'è bisogno di una formazione musicale specifica?

Dipende. I grandi talenti del passato hanno avuto un approccio diretto e spontaneo anche a questo genere che sembra così complesso. Sicuramente studiare armonia aiuta, stando attenti a non perdersi nel manierismo. Lorenzo ha preso lezioni di chitarra jazz da piccolo e poi da autodidatta ha applicato, dove possibile, quelle nozioni alla chitarra gipsy. Liz e Riccardo in campo jazzistico hanno ancora tantissimo (troppo) da imparare. Nessuno dei due frequenta corsi di jazz. Per Riccardo la formazione classica di livello superiore aiuta, Liz è guidata da una grandissima sete di conoscenza. Chiunque può farcela con un po’ d’impegno!

Parlatemi del jazz. So che è una domanda assurda formulata così, ma cosa direste per inquadrarlo come genere a una persona che si accosta al suo ascolto per la prima volta? Ovviamente non un trattato approfondito sulla sua storia, ma, non so, cosa ve lo fa amare?

Quello che amiamo del jazz è la sua “flessibilità”. Crediamo sia il genere più libero che esista. Ti dice “questi sono gli accordi con tutti i loro colori, queste sono le scale e i modi su cui improvvisare, ora tocca a te dire quello che sei”. C’è da ricordare però che noi non suoniamo quello a cui tutti pensano quando si nomina il jazz, cioè il jazz americano. Il nostro, il manouche è un jazz europeo (hot jazz) e fu inventato dal chitarrista tzigano Django Reinhardt negli anni ’30, il quale riunì il jazz/swing di matrice americana con la tradizione zingara . Django aveva subito una menomazione alla mano sinistra in seguito ad un incendio che non gli consentiva di suonare in maniera ortodossa. Le posizioni degli accordi e le frasi d’improvvisazione che ne derivano creano una sonorità unica. Dietro questa musica ci sono tante storia che ci hanno subito interessato.

Quali sono i vostri punti di riferimento musicali fondamentali?

Vi aspettereste risposte tipo Miles Davis o Keith Jarrett, artisti che apprezziamo moltissimo. In realtà Liz è cresciuta con l’alternative anni ’90 e Riccardo con la new wave 80s e il prog degli anni 70. Django Reinhardt è il grande mito di Lorenzo, che è anche un grande estimatore delle colonne sonore. Oltre a Django e al suo Quintette du Hot Club de France con Stéphane Grappelli, amiamo molto Duke Ellington o le grandi voci femminili, Billie Holiday fra tutte.

Oltre al jazz che cos'altro vi piace ascoltare? E tutte le altre cose che ascoltate si riflettono in qualche modo, direttamente o indirettamente, in quello che scrivete e suonate?

Ascoltiamo moltissimo rock (60s, 70s, 80s e 90s) e tutta la buona musica che c’è in giro. Credo che ascoltare musica più “leggera” del jazz contribuisca a non perderci nei virtuosismi e a fare sempre molta attenzione alla melodia, che resti sempre cantabile.

E' fuori un ep che raccoglie cinque vostri brani. Volete parlarcene un po'?

L’EP (che potete ascoltare su lejazzhot.bandcamp.com) è stato inciso in home-recording, grande vantaggio dell’avvento delle nuove tecnologie. Ormai basta un pc, una scheda audio e poco hardware per realizzare un prodotto semi-professionale. Noi suoniamo strumenti acustici, piuttosto difficili da riprodurre fedelmente in una registrazione. L’EP è il nostro biglietto da visita, serve a convincere gli organizzatori di eventi e ad incuriosire il pubblico per farlo convergere nel momento di vera musica: il live.

Come nasce la vostra musica? Quali sono le dinamiche all'interno del gruppo per quanto riguarda la scrittura e la composizione?

Per adesso stiamo portando in giro solo standard, concentrandoci sul riarrangiare brani della tradizione anni ’30 come richiesto dal genere manouche. Abbiamo la fortuna di eseguire canzoni così antiche che in alcuni casi non sono soggette alle leggi sul diritto d’autore. Altri brani invece appartengono ad una cultura popolare tzigana e sono di autore ignoto. Suoniamo insieme da pochissimo, è stato difficile trovare il tempo di comporre, ma ci sono già nel cassetto alcuni brani nostri in stile swing che forse incideremo. Non è importante da chi parta la prima idea, se è una sequenza di accordi o una frase melodica, quando si inizia ad arrangiare non ci si rende più conto chi ha fatto cosa.

So che avete all'attivo diverse date dal vivo. Quant'è importante l'esperienza della live performance per crescere come musicisti e come gruppo?

Il live è tutto. Soprattutto in ambito jazzistico, suonare dal vivo è l’esperienza che raccoglie tutto il lavoro e la fatica pregressi. Ogni serata è diversa e quegli 80 minuti sul palco raccontano come ti senti in quel preciso momento. Poi c’è l’enorme soddisfazione del feedback del pubblico. Registrare in studio e far girare virtualmente i brani per ora non ci interessa. Noi cerchiamo palchi e persone fisicamente presenti che ci ascoltino.

Rimanendo in argomento, i vostri colleghi rockettari ci raccontano spesso che le cose non vanno molto bene in questo frangente. Pochi spazi per suonare, e quei pochi che ci sono spesso non se la passano bene o non puntano sui giovani musicisti. Per quel che concerne il vostro ambito come funzionano le cose?

Non c’è differenza tra jazz e rock, spesso non si considerano i musicisti come professionisti. Ad ogni modo crediamo che, a parte eccezionali luoghi e momenti storici, la vita del musicista è stata questa dalla notte dei tempi. Sarebbe strano trovare tutte porte aperte, soldi e successo. Le difficoltà fanno parte del gioco, ne vale sempre la pena, la soddisfazione è tanta. Noi per adesso studiamo e facciamo anche altro, viviamo il progetto nella maniera più spontanea possibile. Ci appare chiarissimo comunque che, almeno in Italia, è davvero complicato sopravvivere facendo musica.

Com'è il pubblico che viene ai vostri concerti? E' trasversale? Ci sono molti ragazzi che dimostrano interesse per quello che fate?

Il pubblico è sorprendentemente eterogeneo e sembra sempre divertirsi, forse perché quello che suoniamo è più vicino allo swing che al jazz. Fatta eccezione per un paio di pezzi, i brani sono tutti vivacissimi e coinvolgenti, ti fanno venire voglia di battere il piede a tempo. Crediamo anche di aver scelto il momento giusto per portare in giro il gipsy jazz. Sono già un paio d’anni che sta tornando fortemente di moda. Probabilmente 10 anni fa non avremmo avuto lo stesso seguito, soprattutto tra gli under 30.

Come siete organizzati come band? Avete qualche sovrastruttura organizzativa che vi dà una mano o fate tutto da soli? Etichetta, ufficio stampa, booking agency...

Per adesso Liz si occupa di tutto, avendo anche già lavorato nel campo dell’ufficio stampa. Sarebbe più facile delegare tutto ma, oltre alla questione economica, c’è maggiore soddisfazione a fare tutto da soli ed essere artefici del proprio successo, oltre al vantaggio di avere sempre tutto sotto controllo.

Quali sono i vostri progetti a breve e lungo termine?

A breve ci sono altri live in giro per i club. A lungo termine speriamo di andare in studio a registrare nostri brani e di partecipare a qualche festival, magari il Ferrara Busker Festival o altri eventi estivi.

Sperando di aver incuriosito un po' i nostri lettori vogliamo lasciarci segnalando qualche link a cui chi volesse approfondire la vostra conoscenza può far riferimento?

C’è l’immancabile pagina Facebook: www.facebook.com/lejazzhotnapoli
Nella sezione Bandpage è possibile scaricare i brani che abbiamo registrato e messo a disposizione in free download.

Grazie mille per la vostra disponibilità e un grosso in bocca al lupo per tutto quello che fate.

Grazie a voi per lo spazio che ci avete concesso!

 

 

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