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Joe Colombo

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Joe Colombo
Sono molti i buoni chitarristi in circolazione, sono numerosi gli appassionati, anche tecnicamente ben dotati, in grado di suonare lo strumento in maniera apprezzabile e piacevole, ma sono pochi, veramente pochi gli artisti in mano ai quali la chitarra prende vita, si mette al centro dell’attenzione, si impossessa della scena e riesce a diventare veicolo di emozioni e
di energia. Joe Colombo è uno di questi. Una vera e propria scarica di adrenalina si abbatte sul suo pubblico quando imbraccia la chitarra e travolge tutti, rompe ogni barriera; impossibile rimanere impassibili. E questo è quello che è successo la prima volta che l’ho visto suonare dal vivo. Saranno passati ormai cinque, sei anni; pubblico delle grandi occasioni alla BluesHouse di Milano, locale gremito per un live di presentazione del primo disco di Joe, Bottleneck & Snakehead.
Ricordo ancora come se fosse successo ieri lo strepitoso spettacolo a cui lui e la sua band erano riusciti a dar vita: il livello di adrenalina all’interno del locale raggiungeva picchi altissimi, un pubblico totalmente rapito seguiva l’esibizione e si dimenava al ritmo della musica mentre questo giovanissimo talento, con la sicurezza e il piglio da rockstar affermata, girava tra il pubblico suonando con qualsiasi oggetto gli capitasse sotto mano. Fu uno spettacolo incredibile. Ne rimasi veramente colpito, anche considerando la giovane età dell’artista. E del resto la passione per la musica Joe Colombo la coltiva fin da piccolo.
Svizzero, ma di origini italiane, si avvicina al rock d’oltreoceano ascoltando i dischi di grandi interpreti come Jimi Hendrix e Bob Dylan, tanto che all’età di 12 anni decide di imparare a suonare la chitarra, e contemporaneamente comincia anche
ad interessarsi al blues, assimilando in particolar modo la musica di grandi maestri quali Johnny Winter, Muddy Waters ed Elmore James. Col passare degli anni Joe affina sempre maggiormente la sua tecnica inconfondibile e inimitabile imponendosi come uno degli slider più autorevoli in Europa, ma che non ha niente da invidiare nemmeno ai colleghi statunitensi. Lo slide (o bottleneck) è uno dei modi più spettacolari di suonare la chitarra e consiste fondamentalmente nell’utilizzo del ditale d’acciaio (o del colo di bottiglia per l’appunto) per premere sulle corte della chitarra producendo un suono particolarissimo, come un naturale effetto distorto. Si tratta di una particolare tecnica di suonare blues che si è sviluppata agli inizi del ‘900 negli U.S.A. ed è lì che ha avuto la sua maggiore diffusione.
Nel 2002 Joe Colombo pubblica il suo disco d’esordio “Bottleneck e Snakehead”, un album in cui è condensato tutto il suo percorso fatto fino a quel momento, in cui sono racchiuse tutte le sue influenze artistiche e che rappresenta un ottima istantanea di quello che era la sua maturazione musicale in quel preciso momento. Un disco caratterizzato da un suono diretto e potente, in grado di fondere in maniera perfetta atmosfere blues classiche con sonorità decisamente elettriche. Un lavoro solamente strumentale ma che scorre via in maniera eccezionale. L’anno successivo la Horizon/Comet, un etichetta discografica italiana, si accorge del potenziale del talentuoso chitarrista svizzero e decide di pubblicare e distribuire il suo
primo album, con l’aggiunta di tre nuovi pezzi, stavolta cantati, “Keep Our Love Alive” e “Ain’t Got The TimeJoe Colombo” con alla voce una vecchia conoscenza dei lettori de Andergraund, il cantante dei China Eric St. Michaels, e una cover di “Mean town Blues” di Johnny Winter. Nuovo packaging e nuovo titolo, “Natural Born Slider”, per il nuovo disco che arriva nei negozi italiani contribuendo a rimpinguare le fila degli estimatori, già piuttosto numerose, che Joe si era conquistato nel nostro paese.
Nel 2003 e nel 2004 partecipa ai progetti “Voodoo Crossing” e “Gypsy Blood”, due tributi a Jimi Hendrix, al fianco di nomi importantissimi nel panorama blues internazionale come Robben Ford o Steve Lukathen.
Negli ultimi anni Joe ha passato parecchio tempo negli Stati Uniti, dove ha collaborato in maniera continuativa con un importante artista americano, Terry Evans, che ha affiancato sia in studio, sia nel lungo tour che ha seguito la pubblicazione del disco “Fire In The Feelin’”, che li ha portati in giro sia in Europa che negli U.S.A. per un totale di oltre 200 date, toccando alcuni dei club più importanti in città quali Los Angeles, San Francisco, Chicago, New York, Nashville e New Orleans.
Attualmente invece è impegnato nella lavorazione di un suo nuovo album, che si preannuncia dai suoni più acustici rispetto al precedente, e in cui si va alle radici della tradizione musicale americana, passando per il blues, per il fok e per il country blues.
 

Intervista

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Joe Colombo

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