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Davide Van de Sfroos

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van de sfroos Sono storie semplici quelle che Davide racconta nelle sue canzoni, storie di gente semplice, storie di paese, ma non per questo meno interessanti o coinvolgenti di altre. Anzi, al contrario, forse è proprio questo il loro punto di forza, quello che le rende così intense e ricche di fascino, così poetiche e misteriose, e trasporta la sua musica in una dimensione originalissima, diversa da ogni altra cosa attualmente in circolazione: ciò sicuramente, è uno dei principali motivi che ha contribuito e decretarne l’enorme successo. E la scelta di utilizzare il dialetto delle sue parti, il laghée (o tremezzino) per raccontare queste storie è sicuramente un’altro elemento fortemente caratterizzante della sua produzione, oltre che una scelta coraggiosa e molto coerente con quello detto fin qui. Nei suoi testi possiamo ritrovare le classiche leggende di paese, quelle che venivano raccontate dagli anziani ai bambini nella piazza centrale nelle sere d’estate, ma anche fotografie di personaggi curiosi realmente esistiti, passati davanti ai suoi occhi nel corso degli anni e storie incredibili realmente accadute, fissate nei suoi ricordi grazie alla sua incredibile curiosità, dote che più di altre, oltre naturalmente al suo sconfinato talento, gli ha permesso di essere quello che è e di fare quello che tutt’oggi fa: racconta storie. E come un moderno menestrello gira per le piazze di mezza Italia cantando i suoi incredibili aneddoti, affreschi di una realtà, quella della piccola comunità, che forse non esiste più e si è andata perdendo negli ultimi tempi, in una società dove contano sempre meno i valori della solidarietà e del rispetto reciproco, e dove ormai la gente non sa nemmeno come si chiami il vicino di casa. Non è un compito semplice in poche righe quello di introdurvi nel mondo del personaggio Davide Van De Sfroos e nelle atmosfere delle sue canzoni, che sicuramente vanno vissute in prima persona, ascoltando la sua musica e assistendo ai suoi “laiv”, però ci proviamo a raccontare la sua storia e i suoi pensieri, avvalendoci soprattutto del suo aiuto, grazie all’intervista che ha avuto la gentilezza di rilasciarci. Per me personalmente, che lo seguo ormai da qualche anno, è un vero piacere darvi il benvenuto alla quarta puntata di Anderview.

Per uno strano scherzo del destino Davide Bernasconi ha il suo primo contatto con la realtà nella più importante città della Brianza, Monza, all’epoca in provincia di Milano, pochi chilometri a nord della caotica e dispersiva metropoli, dove nasce l’11 maggio del 1965. In realtà poco o niente della città rimarrà nel suo DNA. Circa quattro anni dopo si trasferisce a Mezzegra, piccolo e caratteristico paesino che si affaccia sul lago di Como; è qui che le sue radici trovano terreno fertile, vi affondano con decisione e traggono la linfa vitale che si riverserà abbondante nelle sue storie e nelle sue canzoni. van de sfroosSul lago Davide si sente decisamente a casa, è qui che trova la sua vera dimensione, il lago ormai è una parte essenziale e integrante di lui e del suo essere. A metà degli anni ‘80, poco meno che ventenne, arriva il suo primo vero approccio con la musica: entra infatti a far parte dei Potage, un gruppo post-punk col quale muove i primi passi nell’ambiente, e con cui suona per qualche anno. Terminata questa prima esperienza, e dopo un breve periodo in cui cerca di affermarsi come solista, è all’inizio degli anni ‘90 le cose iniziano a prendere una piega interessante. Nascono i De Sfroos, band con la quale Davide inizia a incamminarsi sulla strada del folk-rock, decidendo di mischiare la tradizione del dialetto tremezzino con la modernità di suoni rock, scatenati e coinvolgenti. “Abbiamo dato vita ad un nuovo gruppo: suoniamo e cantiamo in dialetto storie di paese, di disperati e di contrabbando” - disse Davide al Ghezzi, parrucchiere del paese. “Ah, Sònuff de sfroos” rispose prontamente lui, e a questo episodio, stando a quanto raccontato da Diego Spinola sul sito cauboi.it, si deve la nascita del nome del gruppo, che poi avrebbe accompagnato Davide anche nel corso della sua successiva carriera come solista. De sfroos vuol dire di frodo, ed è un termine in dialetto utilizzato per identificare le attività dei contrabbandieri. Rispettivamente nel 1992 e nel 1994 vengono pubblicati le prime due cassette del gruppo, “Ciulandari”e “Viif”, che venivano vendute a margine dei numerosi concerti che la band teneva nella zona, ed è appunto grazie all’incessante attività dal vivo che i De Sfroos iniziano a crearsi una certa fama a livello locale, che inizierà a varcare anche i confini della provincia nel 1995, dopo la pubblicazione di “Manicomi”, album che va letteralmente a ruba e che contiene alcuni dei pezzi ancora oggi tra più amati dai fan di Davide, un titolo su tutti “La Curiera”.
Con il disco successivo, “Breva e Tivan” del 1999 i De Sfroos diventano Davide Van De Sfroos, e con la carriera da solista finalmente arriva anche il grande e probabilmente inaspettato successo, che continua a crescere in maniera esponenziale di album in album. Dopo pochi mesi esce anche un esperimento curioso, un mini-cd contenente tre canzoni di ispirazione biblica dal titolo “Per una Poma”, poi “...e semm partii” nel 2001, una sorta di concept album sulla figura dell’emigrante (50.000copie vendute), “Laiv” nel 2003, album che, come si intuisce dal titolo, è la registrazione di uno dei suoi più memorabili concerti (35.000 copie vendute in sole tre settimane!) per arrivare infine ad “Akuaduulza”, pubblicato nel 2005, album interamente ispirato alla vita e alle leggende del lago. L’album entrerà ufficialmente nella top 20 della classifica italiana dei dischi più venduti, scalandola addirittura fino al dodicesimo posto! Un risultato eccezionale per un artista che canta in un dialetto che solo poche centinaia di persone parlano e capiscono in tutta Italia. In effetti la sua musica è accessibile a tutti, anche grazie al fatto che tutti i suoi cd contengono all’interno del libretto la traduzione in italiano di tutti i testi. Un incredibile successo di pubblico testimoniato anche dall’enorme quantità di gente che si accalca per assistere ai suoi concerti; e ne vale veramente la pena perché ogni volta sono qualcosa di speciale. Non è solo l’esibizione sul palco, che risulta sempre impeccabile e professionale, a stupire, ma è l’energia e la carica del pubblico che fa da cornice agli eventi a rendere l’atmosfera perfetta: persone che ballano, saltano, cantano e si scatenano al ritmo travolgente della musica: fermarsi a guardare i fan di Davide è veramente un spettacolo nello spettacolo: ci sono i cauboi (il fan club di Davide, gli irriducibili: lo seguono ovunque, fin dagli inizi; prendono il nome dei personaggi di una canzone contenuta in “Breva e Tivan”), genitori coi bambini, ragazzini coi nonni, i giovani. Un fenomeno veramente intergenerazionale che unisce tutti i tipi di pubblico. Recentemente Davide ha suonato veramente ovunque in Italia, anche ben oltre i confini della Lombardia, poi a Madrid, Bruxelles, Berlino, New York e ha partecipato ad importantissimi festival internazionali quali il Pistoia Blues, La Notte della Taranta, il Folkest, il Rapperswille Jazz & Blues Fest fino al French Quarter Festival a New Orleans, viaggio che gli è stato di ispirazione anche per un brano inedito contenuto nel dvd “Ventanas”. Ma tra un disco e l’altro, nonostante un’attività live veramente incessante, Davide, artista veramente a 360°, non si sa come ma ha trovato anche il tempo di dedicarsi anche ad altri progetti che esulano un po’ dalla carriera musicale: ha lavorato ad alcuni programmi televisivi per RaiDue e in particolar modo ad una docu-fiction dal titolo “Nashville,provincia di Como”, in cui ha anche recitato interpretando se stesso e, ultimo ma non in ordine di importanza, ha scritto quattro libri. Il primo di questi risale al 1997, ed era una raccolta di pensieri e poesie dal titolo “Perdonato dalle Lucertole”, scritte in laghée, così come “Capitan Slaff”, pubblicato nel 2000, una favola da leggere e ascoltare ambientata sulle rive del lago. E poi arrivano i suoi due romanzi (questi scritti in italiano): “Le Parole Sognate dai Pesci” e l’ultimo “Il mio nome è Herbert Fanucci”, che in un mesetto dall’uscita ha venduto qualcosa come 20.000 copie. Quello che Davide racchiude nei suoi lavori, che siano canzoni o romanzi, è veramente un mondo curioso e affascinante, costellato di ombre, leggende, bizzarri personaggi e storie incredibili, e non solo il pubblico si è accorto del suo enorme talento, ma anche gli addetti ai lavori: tra i riconoscimenti più importanti da lui vinti ricordiamo nel 1999 il premio come “Miglior Artista Emergente” a Sanremo, al Premio Tenco, dove ormai è di casa, e nel 2002 la Targa Tenco per il “Miglior album in dialetto” con “...e semm partii”. Un cantautore formidabile, e un gruppo di musicisti che lo accompagnano in tutte le sue esibizioni dal vivo veramente eccezionale; un nucleo che però è mutato parecchio nel corso degli anni fino ad arrivare alla formazione attuale che annovera nomi conosciuti a livello internazionale, oltre naturalmente ad Anga, violinista dal talento impressionante, con Davide fin dagli inizi, unico punto fisso e inamovibile del gruppo, anello di congiunzione col passato. Insostituibile! Che altro aggiungere, in realtà ce ne sarebbero talmente tante di cose da dire che non basterebbe un numero intero della rivista (figuratevi che alla Cattolica di Milano una ragazza qualche anno fa si è laureata con 110 in “Scienze dell’Educazione” discutendo una tesi dal titolo “Il linguaggio dialettale e la creatività: Davide Van De Sfroos”), ma purtroppo o per fortuna è arrivato il momento di chiudere e lasciar finalmente parlare l’artista, che ha dato risposta ad alcune delle nostre numerose curiosità. Prima di lasciarvi all’intervista, ci teniamo però a ringraziare, oltre naturalmente a Davide, che è riuscito a trovare un po’ di tempo per noi tra una data e l’altra del suo tour estivo, anche Marco Palumbo per la sua pazienza, gentilezza e disponibilità. Grazie di cuore, questo è stato veramente importante per noi. Allora buona lettura e appuntamento a Settembre!

 

Davide Van De Sfroos

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