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Moby - Destroyed

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Moby - DestroyedMoby - Destroyed

Rating: 4/5

Cosa si fa in caso di insonnia? C’è chi sta a letto ad aspettare di riprendere sonno e c’è chi si alza; qualcuno legge, altri si fanno uno spuntino notturno. Moby scrive canzoni. Lo ammette lui stesso nelle note di introduzione del suo nuovo album “Destroyed”: «Non dormo bene quando viaggio -dice- e di conseguenza mi capita di essere sveglio in città nelle quali tutti gli altri stanno dormendo. Ed ecco da dove nasce quest’album». Continua spiegando che è un disco concepito durante notti insonni a vagare in città sconosciute, con la sensazione di essere l’unica persona viva. In qualche modo, quindi, “Destroyed” è un concept album. Non è la prima volta che Moby scrive e sviluppa un album intorno ad un unico tema, l’aveva già fatto nel 2008 con“Last Night”, anch’esso un disco che parlava di vita notturna. Ma se in “Last Night” la notte era lo spazio della dance, dei club underground, delle feste protratte fino all’alba, in “Destroyed” la notte è il tempo senza tempo dell’introspezione, della ricerca di sé, della solitudine, di luci al neon che ronzano nel buio e insegne luminose che galleggiano nell’oscurità. La notte dei grandi spazi urbani che diventano deserti nei quali riscoprirsi piccoli, soli, ma anche meravigliosamente unici, la notte della malinconia e dell’affermazione, di una tristezza serena e di una felicità struggente. La notte degli infiniti contrasti che Moby dipinge con incredibile maestria in “Destroyed”, un album che si rivela ascolto dopo ascolto e che regala un’infinità di emozioni e suggestioni: l’ossessione alienata di “Be The One” e il lirismo quasi mistico di “Stella Maris”. Il crescendo liberatorio di “Sevastopol” e la ritmica che si svincola dalle claustrofobiche spirali orchestrali di “Te Violent Bear It Away” per sciogliersi in giro di pianoforte leggero. Lo stupore contemplativo di “Rockets” e la solitudine inesorabile che diventa un blues elettrico in “Lie Down In Darkness”. “After” è una corsa a perdifiato nell’oscurità per gridare il proprio diritto di esistere per poi fermarsi in “Blue Moon” a guardare il cielo e sentirsi minuscoli. Moby usa come sempre l’elettronica e un’attenzione maniacale per i suoni che sono scelti, distribuiti, calibrati, stemperati con cura e ricercatezza. Si avvale inoltre di ottime vocalist con le quali si alterna nelle parti cantate. Una nota a parte va alla realizzazione grafica dell’album: Moby è forse uno degli ultimi artisti a credere nel supporto e ad offrire un prodotto estremamente curato e vario. “Destroyed” è infatti disponibile in CD, doppio vinile ed edizione limitata CD/book; particolarmente interessante quest’ultima edizione che contiene un libro con 60 foto scattate dallo stesso Moby durante gli spostamenti e i viaggi dell’ultimo tour e che alternano immagini di folle oceaniche al vuoto di spazi immensi, discoteche congestionate e corridoi deserti di aeroporti notturni e che danno in qualche modo forma e colore alle atmosfere dell’album, facendo di “Destroyed” un’esperienza allo stesso tempo da ascoltare e da guardare. [Sergio]
 

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