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Intervista ai Metrognomi - a cura di Bugs!

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Ciao ragazzi, innanzitutto grazie mille per aver accettato il nostro invito. Per cominciare vi chiediamo di raccontarci di voi. Come e quando si è formato il gruppo? Come vi siete incontrati e quando è maturata la decisione di suonare insieme?

Ciao a tutti e grazie a voi per l'invito. I Metrognomi nascono nell'estate del 2001 quando Beppe Calvi (voce) e Andy Favero (chitarra) incontrano e dividono una sala prove con Davide Barbato (basso) e Sergio Menegon (batteria). L'idea iniziale è quella di suonare cover, passando poi all'arrangiamento di alcuni brani che Beppe aveva nel cassetto in qualità di cantautore. A Settembre dello stesso anno si unisce Andrea Barbato (tastiere), fratello di Davide, e la decisione viene naturale: scrivere e suonare solo brani inediti, targati Metrognomi.

Ho letto che avete alle spalle un sacco di esperienze interessanti tra live, festival, concorsi musicali ecc... Quant'è stato importante questo percorso per voi e per la vostra crescita professionale?

E' stato molto importante, costruttivo e propedeutico. Alcuni concorsi e festival non li avremmo mai fatti se prima non avessimo suonato in altrettanti eventi minori. La predisposizione al contatto col pubblico è innata, ma è tutto il resto che affini con l'esperienza. Mi riferisco alla professionalità sul palco, ai tempi del soundcheck, allo studio vero e proprio dello show, che non è mai fine a sé stesso. Bisogna creare la giusta alchimia tra musicisti e pubblico. Ecco, noi cerchiamo sempre di ridurre le “distanze” e abbracciare i nostri fan con la musica e le parole.

E tra l'altro ho visto che avete avuto anche un sacco di soddisfazioni nel corso degli anni. C'è un momento in particolare della vostra carriera che è stato importante per voi o un ricordo a cui siete particolarmente legati?


Indimenticabile il nostro primo concorso a Mestre dopo pochi mesi di prove. Suonammo poco prima di Andrea Braido. Arrivammo terzi e ricevemmo i complimenti da tutti. Il concerto coi Negramaro al Marcon Festival è degno di citazione, più di 5000 persone ad ascoltare le nostre canzoni. E in ultimo la vittoria del contest Rosso Alice Telecom a Milano con contratto editoriale per il singolo “Venezia Elettrica” con H2O/Sony Bmg.

Penso che per un gruppo la dimensione live e il contatto col pubblico siano fondamentali. Com'è la situazione in Italia basandovi sulla vostra esperienza personale? Ci sono spazi adeguati e sufficienti? Ci sono abbastanza occasioni che consentano ai giovani musicisti di potersi esibire e farsi conoscere?

Per un gruppo che esegue brani propri è difficile suonare in giro un po' dappertutto, sono necessari continui compromessi e piccole strategie per ritagliarsi un palco. Però devo dire che noi abbiamo sempre trovato il modo per suonare, come special guest per qualche evento o festival, come resident band nei locali tra Venezia e Treviso, in doppia con un altro gruppo per dividere il palco e passare una serata in compagnia di artisti amici.

Influenze: ci sono dei gruppi o degli artisti che sono stati particolarmente importanti per la vostra crescita musicale e ai quali vi sentite più vicini come modo di suonare? Avete più o meno gli stessi punti di riferimento oppure avete influenze diverse? E nel caso, come riescono a conciliarsi?

I punti di riferimento per una band non sono mai gli stessi. Chiaramente veniamo da ascolti ed epoche differenti, forse per via della differenza di età tra alcuni componenti. Andy è cresciuto e vissuto negli anni d'oro del post punk, della new wave e del dark, quindi ha portato influssi e richiami a tutta una serie di band in particolare inglesi (Cure, Depeche Mode, New Order, Marillon). Sergio e Davide, la sezione ritmica dei Metrognomi, hanno in comune la passione per Dave Matthews Band, e per una serie di musicisti notevoli in ambito fusion e jazz. Andrea nasce pianista per poi seguire l'elettronica di Apex Twin, Massive Attack, Chemical Brothers. Per quanto mi riguarda vengo dalla tradizione cantautorale italiana e americana (Lucio Battisti, De Gregori e Bob Dylan), dai grandi artisti “alternativi” italiani ( Battiato, C.S.I., Litfiba e PFM) e dalla passione per il rock di stampo anglosassone (Beatles, Pink Floyd, Muse, Radiohead). Adesso prendete tutte queste influenze e mescolatele. Il cocktail servito con ghiaccio si chiama Metrognomi.

Allora, veniamo al dunque. E' uscito da pochissimo "Share!", la vostra ultima fatica. E il titolo è emblematico. Infatti l'album è scaricabile gratuitamente e in maniera assolutamente legale dal vostro sito www.metrognomi.it. Volete spiegare in maniera molto semplice ai nostri lettori il concetto di Creative Commons?

Creative Commons sono delle licenze libere da copyright che adottano la forma e la sostanza del copyleft. Ossia non tutti i diritti sono riservati. La paternità dell'opera resta intatta, ma a differenza delle società che gestiscono i diritti di riproduzione, consentono tramite licenze specifiche il download gratuito e legale, nonché la diffusione e masterizzazione dell'opera stessa. La fruizione della musica dunque diventa libera, la condivisione del sapere e il concetto di “open culture” si rafforzano e si propagano con le Creative Commons.

Si tratta essenzialmente di una necessità dettata dai tempi e dalla pesante crisi in cui versa ormai da anni il mercato discografico (e le prospettive per il futuro non sono affatto promettenti), o c'è anche una questione più filosofica a monte, di rendere la propria arte fruibile al maggior numero possibile di persone?

Direi entrambe le linee che hai appena citato. Il mercato discografico si insegue da anni, come un cane che si morde la coda. Le nuove frontiere di music cloud ( servizio di ascolto e download di musica, dopo aver visto e ascoltato qualche secondo di pubblicità) potrebbe anche funzionare o finire sul nascere. Il problema non è solo in ambito commerciale e di marketing bensì nella scelta degli artisti. Molte majors fanno fatica a riconoscere il valore e la qualità artistica di giovani interpreti e gruppi, salvo accorgersi dopo qualche anno che forse valeva la pena di investire. I reality show musicali e di spettacolo hanno fatto il resto. La pirateria è sempre esistita e sempre ci sarà. Noi abbiamo scelto di divulgare liberamente la nostra musica, affinchè sia fruibile da tutti e senza intaccare il diritto d'autore, che per definizione si crea e si legittima al momento della creazione dell'opera.

Diciamo che oggi come oggi gran parte degli artisti indipendenti con la vendita degli album puntano, più che al guadagno, perlomeno a rientrare delle spese di produzione del disco che non sono poche. Voi, detto in maniera brutale, come riuscite, se riuscite, a non rimetterci risorse di tasca vostra? Avrete alle spalle degli sponsor immagino...

Fatta eccezione per la produzione artistica, svolta da Simone Chivilò, finora abbiamo fatto affidamento solo sulle nostre risorse, sia umane che economiche. Per quanto riguarda le partnership ci stiamo lavorando e non escludiamo che possano avere un ruolo rilevante nel progetto Metrognomi per la parte in studio, i concerti ed il merchandising.

Ho visto sul vostro sito che comunque l'album è acquistabile anche in versione cd fisico, tra l'altro ad un prezzo abbastanza simbolico. Si tratta di un modo per accontentare anche quella fetta di mercato in via d'estinzione (tra cui figura anche il sottoscritto) che ancora oggi, in piena era dell'mp3, rimane legata al concetto di cd come oggetto da collezione, che ama andare a casa, scartare il cd, sfogliare il libretto per leggere i testi e i credits fino all'ultimo dei ringraziamenti?

Hai detto bene: infatti per rientrare nelle spese di registrazione abbiamo deciso di mettere in vendita a prezzo simbolico di 5 euro il nostro disco. Ma solo per i nostalgici del cd, i collezionisti e i nostri fans più affezionati, assegnando così al cd fisico il ruolo di gadget. Il nostro principale obiettivo è coinvolgere chi ci ascolta e ci segue ai concerti, nell'ottica del “direct to fan” (cioè direttamente all'ascoltatore), invogliarli a passare sul nostro sito e scaricare nuovi contenuti audio, video, foto e altro ancora. Interagire con la band, sentirsi parte attiva del progetto, condividere con noi emozioni ed espressioni.

Leggo che "Share!" fa capo alla filosofia del “do it yourself”, ovvero, se vogliamo, dal produttore al consumatore. Niente etichette, nessun intermediario tra l'artista e il suo pubblico. Però ho visto che in passato avete provato a collaborare con qualche label indipendente? Cosa non ha funzionato? Quali sono i vantaggi, e se ci sono, anche qualche svantaggio, del “do it yourself”?

Si per un anno abbiamo avuto “Venezia Elettrica” con H2O/Sony Bmg, ma senza alcun tipo di progetto, né promozione, né supporto artistico ed umano. Questo è l'errore di cui parlavo prima. Nessuno ha pensato di spingere e promuovere il singolo di Venezia Elettrica, cavalcando l'onda positiva di critica e pubblico. Dopo anni di dubbi e ripensamenti, promesse ed attese vane, abbiamo deciso di non aspettare più nessuno. Il futuro lo decidiamo noi, a nostro rischio e pericolo. I vantaggi del “do it yourself” sono la piena libertà di azione, la programmazione, le tempistiche e la logistica del progetto. Siamo in cinque e le decisioni vengono prese sempre democraticamente. Gli svantaggi sono che sicuramente il bacino di utenza al quale possiamo rivolgerci, se prendiamo per esempio la promozione web e giornalistica, o i concerti live, è limitato. Ma potenzialmente potrebbe straripare. Non dimentichiamoci della potenza del passaparola su web, i socialnetwork e il marketing virale.

E se, adesso che avete abbracciato questo modo di lavorare in assoluta libertà, facendo finta per un momento che non esista nessuna crisi del mercato discografico, bussasse alla vostra porta il dirigente di una grande major con un contratto in mano pronto da firmare?

Facendo finta che non solo non esista nessuna crisi discografica, ma che ritorni da parte delle major l'interesse nei confronti del lato artistico della musica, potremmo valutare la proposta a patto che lascino intatti i nostri principi di condivisione del sapere e il concetto di “open culture”.

E il rapporto coi media? Riuscite a trovare spazi adeguati sui siti e sulla stampa di settore pur non avendo alle spalle una struttura importante come può essere quella di una label?

Come accennato precedentemente, è chiaro che non è semplice arrivare a tutti i canali. Forse il concetto di copyleft e le licenze Creative Commons sono ancora poco conosciute, ma per fortuna per l'uscita di “Share!” siamo riusciti ad avere il supporto di qualche giornale locale, di qualche portale musicale e di un bel po' di radio web copyleft, con interviste e speciali sui Metrognomi.

Veniamo alla musica in senso stretto. Anzi no, prima un'ultima curiosità. Voi siete molto impegnati nella promozione e nella diffusione del concetto di Creative Commons. Non avete paura che tutto questo metta un po' in secondo piano l'aspetto musicale del vostro progetto?

Assolutamente no. Le Creative Commons rappresentano lo strumento per diffondere liberamente la propria musica. Il mezzo più equo per consentire a tutti di usufruire di mp3, opere multimediali, articoli, libri e notizie. I Metrognomi metteranno sempre e prima di tutto il gusto e la passione per la musica, per la creazione originale, per la ricerca sonora e letteraria dei brani. Se poi qualcuno dovesse accollarci lo pseudonimo di paladini del free legal download o di copyleft band non potremmo che esserne fieri.

Parlateci di "Share!". La vostra musica mi sembra un mix piuttosto interessante e ben riuscito di generi abbastanza differenti. Cosa deve aspettarsi chi decide di andare sul vostro sito a scaricarsi l'album?

Rock, pop, musica d'autore, elettonica, prog, testi da leggere e rileggere. Chi ci segue da anni ritroverà le suggestioni e “l'impasto” sonoro tipico dei nostri pezzi. Chi invece non ha mai sentito parlare dei Metrognomi avrà modo di scoprire il nostro mondo.

Come nascono i vostri pezzi? Ascoltando l'album mi ha colpito, oltre agli arrangiamenti molto belli, anche una particolare cura e importanza dei testi. Chi compone? Qual è l'apporto dei singoli componenti nella stesura delle tracce?

Grazie per i complimenti, ci fanno molto piacere, perchè vuol dire che stiamo lavorando nella direzione giusta. La stesura dei brani avviene interamente in sala prove, sulla bozza di una melodia o un giro di accordi, e l'apporto è di tutti i componenti della band. La stesura dei testi è invece opera mia. Nel caso specifico di “Share!” , come precedentemente anticipato, abbiamo avuto la fortuna di poter lavorare con il produttore artistico Simone Chivilò (Massimo Bubola, Marian Trapassi, Radiofiera, Fabrizio Coppola).

Il lavoro in studio invece, a grandi linee, come si svolge? Cambiano molto i vostri brani tra la prima stesura e la versione definitiva?

In studio la stesura finale dei brani in qualche modo è cambiata. Sono stati fatti dei tagli, qualche modifica alla struttura della canzone, la ricerca dei suoni ecc. Però ci riteniamo fortunati, perchè Simone, il nostro produttore, ha da subito compreso la nostra filosofia ed il nostro gusto musicale evitando di intaccare l'idea originale della melodia e dell'armonia di tutti i brani, nonché dei testi. Il risultato è un concetrato di essenza dei Metrognomi.

Con quale criterio avete scelto le canzoni da inserire nell'album? Ci sono state delle canzoni rimaste nel cassetto? E nel caso avete idea di che fine farà quel materiale?

Le canzoni sono state scelte dopo diversi ascolti su cd e dal vivo con Simone. Molte canzoni sono rimaste davvero nel cassetto, alcune “storiche” le riproporremo durante i concerti. Altre invece mai eseguite live né mai registrate potrebbero un giorno tornare utili per nuovi spunti o rielaborazioni nell'arrangiamento. Oppure come contenuti speciali da scaricare per i fan più assidui.

Rispetto ai vostri demo e lavori precedenti che differenze ci sono? Vi trovate cambiati nel corso del tempo?

Ci sentiamo molto cambiati, dall'approccio alla stesura dei brani, nel gusto, nella ricerca dei suoni e degli stessi testi. Ma allo stesso tempo, in quanto Metrognomi, siamo sempre gli stessi. Uniti, passionali, viscerali, elettronici, e con un occhio sempre rivolto al futuro.

So che è una domanda che può sembrare stupida, è un po' come chiedere ad un genitore quale sia il suo figlio preferito, ma c'è un pezzo a cui siete maggiormente legati o di cui vi ritenete particolarmente soddisfatti del risultato?

“Share!” è in realtà una sorta di “best of” degli ultimi 9 anni, per cui ogni canzone ha un significato particolare e profondo perchè ha segnato un periodo del nostro percorso. Ad ogni modo crediamo che tra “Post”, “Vieni” e “Testa o Croce” ci sia il pezzo più forte.

Progetti a breve e lungo termine?

A breve termine stiamo implementando il nostro sito ufficiale con contenuti e sezioni sempre nuove e rinnovate, per dare la possibilità ai visitatori di partecipare alle nostre prove in sala, di scrivere un testo per una nuova canzone. Stiamo cercando inoltre di interagire e collaborare con altri artisti (videomakers, art designer, artisti e poeti), e con chiunque abbia voglia di mettersi in gioco e divulgare arte e musica di qualità. A lungo termine invece c'è una grossa novità per la fine dell'estate. Per questo rinviamo la risposta e vi lasciamo in curiosa attesa.

Lasciatemi concludere con un'ultima curiosità: perchè Metrognomi?

Il nome Metrognomi è nato casualmente, come gioco di parole. Successivamente abbiamo scoperto l'esistenza di una leggenda metropolitana di New York secondo cui, nel periodo dell'industrializzazione, nelle fogne della grande mela vivevano questi strani esseri.

Grazie della disponibilità e un grosso in bocca al lupo per tutto!

Grazie a te ed Andergr@und Magazine per l'intervista, e crepi il lupo!
 

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